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L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

Lying-in-State: cronaca geopolitica di un Regno in lutto

Lying-in-State: cronaca geopolitica di un Regno in lutto

Il Regno Unito รจ in lutto dopo la morte della regina. Quale futuro aspetta Londra e quale sarร  la sua proiezione nel mondo?

Londra. Tuttโ€™oggi in pochi hanno il triste privilegio di poter ricordare i bombardamenti nazisti su Londra durante quel Blitz che ha asserragliato la splendida Albione a cavallo tra il 1940 e il 1941. Sua Maestร  la Regina Elisabetta II sรฌ: allโ€™epoca aveva quindici anni e dal 1952 fu lโ€™unico sovrano ad aver regnato ininterrottamente per settantโ€™anni. La sua compostezza e la sua dedizione per la Corona hanno finora tenuto insieme le varie nazioni britanniche ma la sua dipartita rischia di accelerare la disgregazione del Regno Unito, proprio ora che la questione nordirlandese si sta riaccendendo dopo ventโ€™anni di tregua. 

La Regina Elisabetta II รจ stata custode di quella pagina di Storia in cui le generazioni dellโ€™occidente hanno avuto il lusso di non conoscere la guerra guerreggiata nel proprio continente e viene a mancare proprio ora che la guerra dโ€™Ucraina riapre vecchie cicatrici storiche e ricorda a queste generazioni che le armi sono tuttโ€™altro che pezzi da museo. 

Insieme alla sua compostezza, forse, รจ proprio questo lโ€™elemento che fa di lei quella figura ecumenica che trascende i confini e che spiega lโ€™attaccamento della popolazione esterna al Commonwealth. Tradotto in geopolitica, รจ il fascino della Corona quale massima espressione del soft power britannico che con la sua forte influenza ha strappato tante dimostrazioni dโ€™affetto non solo oltremanica verso colei che era, in fondo, il Capo di Stato del Regno Unito e dei Reami del Commonwealth e Governatore supremo della Chiesa Anglicana.

Londra e Windsor nel lutto

Per commemorare questo evento epocale Londra si รจ preparata per accogliere oltre un milione di persone recatesi nella capitale per rendere omaggio alla salma di Sua Maestร  e per assistere ai funerali di Stato. Per le strade di Londra e di Windsor, sede della casata reale, tutti i negozi e le attivitร  hanno rimpiazzato i cartelloni e gli schermi pubblicitari con commoventi necrologi in onore di Sua Maestร . Tutti i giornali e riviste di qualsiasi tipo hanno stato stampato edizioni commemorative, quasi sempre abbandonando il loro aspetto originale. Lโ€™iconico Tower Bridge cosรฌ come lโ€™incrociatore HMS Belfast, permanentemente ormeggiato nel Tamigi, sono stati illuminati da luci viola, colore della casata reale. 

La zona istituzionale da Buckingham Palace a Westminster รจ stata sigillata per piรน di una settimana e grosse gomene nere sono state appese assieme allโ€™Union Jack lungo The Mall, il viale che porta a Buckingham Palace, a simboleggiare il lutto della potenza talassocratica per antonomasia. Infatti, lโ€™importanza del mare nella storia britannica quale vettore dโ€™Impero รจ risaputa, tanto che sono i marinai a trainare lโ€™affusto di cannone con il feretro di Sua Maestร  lungo la processione โ€“ stesso affusto che 1965 fu utilizzato Winston Churchill, unico Primo Ministro britannico a ricevere le stesse onorificenze del monarca.  

Vi sono tante interpretazioni riguardo alla tradizione anglosassone dellโ€™esposizione della salma, comunemente detta โ€œlying-in-stateโ€, affinchรฉ i sudditi possano porgere lโ€™ultimo saluto al sovrano. In questa sede se ne vuole evidenziare la dizione stato-centrica visto che lโ€™espressione โ€œlying-in-stateโ€ รจ intrinseca del concetto di sovranitร  e di statualitร . Secondo la tradizione, il sovrano o un membro della famiglia reale, con lโ€™ammirabile eccezione di Winston Churchill, giace alla sua morte nel Palazzo di Westminster affinchรฉ i propri sudditi possano omaggiarlo nel cuore politico del proprio territorio. รˆ la triangolazione tra governo, popolo e territorio che genera il principio di sovranitร  e alla fine dei suoi giorni il sovrano ritorna al centro di questo rapporto per essere omaggiato del suo servizio

In molti alle nostre latitudini non comprendono la figura del monarca dโ€™oltremanica, cosรฌ come รจ vero che per molti britannici la monarchia ha perso il valore dei vecchi tempi. Ma la dimostrazione dโ€™affetto dei propri sudditi, un misto di rispetto per la figura istituzionale e di ammirazione della sua personalitร , ha comunque comportato file chilometriche in tutto il Regno Unito. Immagini, soprattutto quelle di Londra, che rievocano The Great Queue (la Grande Fila), quando nel 1952 piรน di trecento mila persone resero omaggio Re Giorgio VI, padre della Regina. 

La questione tedesca: solo e soltanto Windsor

Durante il primo conflitto mondiale Re Giorgio V cambiรฒ il nome della casata da Sassonia-Coburgo-Gotha in Windsor per via dei forti sentimenti antitedeschi nelle isole britanniche, mentre nel periodo interbellico il fratello di Re Giorgio VI, Re Edoardo VIII, abdicรฒ nel 1937 per una donna divorziata e fu successivamente minacciato da Churchill di essere deferito presso una corte marziale per via delle sue simpatie nazionalsocialiste.

Nel 1952, dopo la morte del Re Giorgio VI, si riaprรฌ la questione del nome della casata reale visto che il marito della Regina Elisabetta, il Principe Filippo Mountbatten, voleva che la linea dinastica reale proseguisse sotto il nome di Mountbatten (dal tedesco Batten Berg). Tuttavia ciรฒ incontrรฒ la feroce opposizione di Winston Churchill e Maria di Teck, nonna di Elisabetta II e regina consorte di Re Giorgio V. Fu cosรฌ che Sua Maestร  rilasciรฒ una dichiarazione in cui si affermava che la casata reale britannica avrebbe continuato a chiamarsi Windsor, ponendo fine alla questione tedesca della Corona britannica

Questo fu il primo importante passo compiuto dalla Regina Elisabetta II, ma non lโ€™unico. รˆ vero che lei non fu protagonista della storia ma testimone della Storia del mondo e soprattutto della graduale dissoluzione dellโ€™Impero Britannico. Giร  nel 1941 con la firma della Carta Atlantica Londra aveva ceduto a Washington tutti gli oneri e gli onori del dominio dei mari, scegliendo saggiamente il proprio successore cosรฌ da evitare di dissanguarsi per via della propria sovra estensione ed evitare il collasso. 

รˆ quindi con la dichiarazione di Londra del 1949 che il Commonwealth assume la sua attuale dizione di โ€œstati liberi e ugualiโ€, grazie al quale la Corona riuscirร  poi a mantenere lโ€™influenza e i rapporti con le colonie passate e future. Sotto il Regno della Regina Elisabetta II, perรฒ, Londra ha dovuto ingoiare il rospo della crisi di Suez, quando nel 1956 Stati Uniti e Unione Sovietica hanno fatto capire a Francia e Regno Unito che nel club delle grandi potenze cโ€™era spazio solo per due.  Passerร  solo un decennio prima della deflagrazione del conflitto piรน lungo e importante della sua storia: quello dellโ€™Irlanda del Nord che la Regina tentรฒ di sedare negli anni a venire. 

La questione nordirlandese: Regno Unito, ma per quanto ancora?

A partire dal 1968 trentโ€™anni di guerriglia hanno messo a ferro e fuoco le 6 contee britanniche dellโ€™Ulster con quelli che sono passati alla storia come Troubles, ovvero i โ€œguaiโ€. Questo non solo fu conflitto piรน lungo combattuto dal Regno Unito nella sua storia plurisecolare, ma anche il piรน importante: giร  lโ€™Easter Rising del 1917, susseguita dalla rivoluzione Irlandese, fu preludio dellโ€™indipendenza dellโ€™Irlanda nel 1921. Quella fu la piรน dolorosa contrattura dellโ€™Impero britannico che perse la sua piรน antica colonia pur mantenendo il controllo sulle sei contee nella parte settentrionale dellโ€™isola. I troubles nientโ€™altro sono se non la continuazione di quel conflitto, ora esasperato dai lealisti irlandesi e dagli unionisti britannici, di origine scozzese, che si stanziarono nellโ€™Irlanda del Nord piรน di quattrocento anni fa e vi posero radici profonde. 

Dopo trentโ€™anni di guerriglia, spalleggiati rispettivamente da Dublino e da Londra, lealisti e unionisti hanno aderito a uno smantellamento parziale degli arsenali delle due fazioni paramilitari e a una gestione condominiale del parlamento nordirlandese. Questo fu il cuore dellโ€™Accordo del Venerdรฌ Santo firmato nel 1998, in cui Dublino e Londra misero fine alla guerriglia nellโ€™Ulster con il beneplacito di Washinton. Non solo la Regina diede lโ€™assenso per lโ€™Accordo del Venerdรฌ Santo, ma negli anni lavorรฒ con il Presidente irlandese Mary McAleese per spianare la strada alla prima visita ufficiale in Irlanda del Nord di un monarca britannico da 400 anni. 

Da non confondere con una pace, quellโ€™accordo generรฒ una tregua che negli ultimi anni ha cominciato a scricchiolare.  La gestione condominiale della politica nordirlandese ha portato lโ€™Ulster a non avere un governo da piรน di cinque anni e, con il Brexit e i timori di una ricostituzione di un confine fisico tra Irlanda e Irlanda del Nord, sono scoppiati di nuovo i guai con rivolte tuttโ€™altro che pacifiche. Infatti, nellโ€™Accordo del Venerdรฌ Santo vi รจ una clausola, per nulla secondaria, secondo la quale la popolazione cattolica, qualora dovesse superare numericamente la popolazione protestante, avrebbe diritto a indire un referendum per decidere se rimanere o uscire definitivamente dal Regno Unito: un fatto realizzatosi durante il censimento del 2021 con meno di due punti percentuali di scarto (45.7% cattolici contro il 43.48% protestanti). 

Questi dati possono spiegare il motivo per cui il feretro della Regina รจ stato portato per lโ€™esposizione pubblica della salma in Scozia ma non in Irlanda del Nord. Lโ€™indipendenza della Scozia porterebbe allโ€™implosione del Regno Unito per motivi identitari e soprattutto geostrategici e comporterebbe, nel breve termine, il collasso della Scozia stessa – che rimane totalmente dipendente da Londra per questioni economiche. Questo รจ il motivo che tiene ancora fortemente ancorate Scozia e Inghilterra. 

Contrariamente, la creazione di una barriera doganale marittima tra lโ€™Isola di Man e lโ€™Irlanda del Nord ma lโ€™assenza di una barriera fisica tra le due sezioni dโ€™Irlanda potrebbe presagire il preludio a un distaccamento calcolato di Londra delle sei contee nordirlandesi. Anche questa sarebbe una catastrofe geostrategica per Londra, che perderebbe il dominio totale del mare dโ€™Irlanda oltre al controllo sullโ€™ultima parte di quella che fu la sua prima colonia. E, si sa, il primo โ€œamoreโ€ non si scorda mai. Tanto che gli inglesi non si sono nemmeno sforzati di trovare un aggettivo per indicare gli abitanti del Regno Unito e dellโ€™Irlanda del Nord: il termine britannico infatti si riferisce a Regno Unito e Irlanda mentre ukiano (o regnounitense) sarebbe ben piรน adatto [L. Bellocchio, I sicari della Pace].

Brexit o UK-exit? Global Britain per salvare lโ€™Impero

Alla luce di questi fatti bisogna leggere la questione britannica, meglio nota come Brexit. Scambiato alle nostre latitudini come un torto verso il continente, il Brexit non รจ nientโ€™altro che la necessitร  del piรน vecchio Impero del pianeta di gestire le proprie istanze secessioniste. Il motivo per cui Sua Maestร  simpatizzasse per lโ€™uscita di Londra dallโ€™Unione Europea รจ perchรฉ ciรฒ avrebbe messo a riparo da sentimentalismi comunitari verso lโ€™Indipendenza dellโ€™Irlanda del Nord e, peggio, della Scozia. 

Tra tutti i messaggi di condoglianze quello che dovrebbe far stupire di piรน รจ proprio il commiato del Primo Ministro scozzese Sturgeon che, nel omaggiare la Regina, ha sottolineato quanto la Scozia abbia sempre โ€œamato, rispettato e ammiratoโ€ la Regina per sua la โ€œstraordinaria saggezza e dedizioneโ€ nella gestione del Regno. Non deve affatto passare inosservato che la madre stessa della Regina Elisabetta avesse origini scozzesi risalenti a Maria Stuarda, Regina di Scozia nel XVI secolo.

Al di lร  delle speculazioni politiche, non si puรฒ pensare che sia un caso che la Regina sia venuta a mancare proprio nella sua residenza scozzese di Balmoral e che, dopo i funerali di Stato a Londra e la sepoltura a Windsor, Re Carlo III sia venuto qui in ritiro dopo il lutto. Al di lร  delle origini scozzesi della Corona britannica il messaggio รจ chiaro: la Corona cโ€™รจ, e dove cโ€™รจ la Corona cโ€™รจ la Sovranitร . Perchรฉ, รจ giusto ricordarlo, oltremanica la Sovranitร  appartiene alla Corona e non al Popolo e i lotti delle proprietร  โ€œprivateโ€ appartengono de facto alla Corona e sono solo in concessione ai sudditi.

Per concludere รจ bene ricordare le Grandi Potenze non muoiono mai. Puรฒ svanire materialmente lโ€™Impero, ribattezzato Commonwealth, ma non svanisce mai la vocazione imperiale delle Grandi Potenze. Se lโ€™elemento essenziale dellโ€™Imperialismo รจ proprio lโ€™attraversamento del mare, ciรฒ vuol dire che il mantenimento da parte del Regno Unito dei Territori dโ€™oltremare, dei Reami del Commonwealth, ovvero ex domini auto amministrati ora indipendenti ma uniti dal vincolo monarchico, e del Commonwealth delle Nazioni, unโ€™associazione di stati liberi e uguali svincolati dalla corona, non sono nientโ€™altro che la dimostrazione di questa vocazione.

E non a caso proprio quando il Regno Unito decide di uscire dagli schemi comunitari si ripensa Global Britain: una parola intrinseca di vocazione imperiale. Una parola che conta tantissimo perchรฉ dimostra la fedeltร  e lโ€™appiattimento in politica estera agli Stati Uniti dโ€™America, giร  assicurata dalla NATO e dalla condivisione d’Intelligence attraverso i Five Eyes.

Il caso AUKUS ne รจ una palese dimostrazione. Lo sposalizio tra Washington e Londra ha molto del sentimentale, ma per Londra รจ vitale perchรฉ รจ lโ€™unico modo per rimanere abbastanza grande e potente da non collassare su se stessa. Nella speranza che gli Stati Uniti possano alleviare le istanze secessioniste dei nordirlandesi, sedare potenziali rivolte bellicose e ritardare il piรน possibile la dissoluzione del Regno (non piรน) Unito. โ€œImperiโ€ non si diventa: imperi si nasce e imperi si muore. 

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Gianluca Paulon

Gianluca Paulon

Lombardo, ma di sangue veneto, classe 1998. Laureato in Storia dellโ€™arte con una tesi in Estetica. Da sempre attento osservatore (fortemente critico) del panorama editoriale italiano, tra i fondatori di Aliseo per cercare di migliorarlo. Mi occupo della gestione dell'immagine del giornale e dei rapporti con le realtร  esterne.

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