In una societร come la nostra in cui sentimenti di sconforto e di abbandono sono la norma รจ necessario tornare a parlare di Bene Comune, restituendo voce a chi รจ stato ridotto al silenzio.
Uomo animale politico?
ยซLโuomo รจ un animale politico per naturaยป: cosรฌ recita Aristotele nel cap 2 libro I della โPoliticaโ e queste parole sono state a fondamento della concezione e della visione dellโuomo europeo per oltre un millennio.
Ma che significato assumono per noi oggi? Ha ancora senso parlare di socialitร naturale in unโEuropa e in unโItalia attraversate da profonde spaccature sul piano economico, sociale e culturale?
Per rendere unโidea: meno del 50 per cento degli italiani ha votato alle comunali dello scorso novembre e percentuali ancora piรน irrisorie si sono registrate alle recenti comunali e al referendum su un tema cruciale come la giustizia.
Sul piano delle disuguaglianze la forbice fra il 10% che guadagna di piรน e il 50% che guadagna di meno si รจ allargata nel corso degli ultimi decenni. Infine sconcertante e segno di crisi apicale รจ il dato che riguarda la natalitร , dato il comprovato nesso tra natalitร e progresso economico. come riporta il “Sole 24 ore” secondo Blagiardo “tra il 2020 e il 2040 la popolazione scenda di circa quattro milioni, proiezione non campata in aria stante le cifre che abbiamo ogni anno, il Pil scenderebbe del 6,9%”.
I sentimenti che sembrano farsi strada in questo โuniverso di discorsoโ, per usare unโespressione di Marcuse ne โLโuomo a una dimensioneโ, sono di rassegnazione, di rinuncia, di abbandono. Non sembra esserci piรน spazio per lโindignazione e per lโira, lโistinto alla giustizia sembra essersi spento. Il sistema politico decadente, inetto e sordo alle esigenze del sentire comune, sembra porsi come qualcosa a cui non esiste alternativa.
I movimenti di protesta, in Italia come in Francia, sembrano non riuscire ad attecchire, e troppo deboli sono le loro visioni del mondo per andare oltre semplici rimostranze, troppo fragili per non infrangersi sul muro di gomma del sistema.
Tecnocrazie decadenti
Tale sistema รจ la manifestazione ultima di unโinclinazione tecnocratica, una tentazione che ha attraversato lโOccidente fin dai suoi primordi, ma che solo nella modernitร ha espresso sรฉ stessa in tutto il suo potenziale tanto generativo quanto distruttivo.
La divisione del lavoro sulla base del talento e della competenza, giร esemplificata nella โRepubblicaโ di Platone, se portata allโestremo, come avviene nellโodierna civiltร tecnologica, non solo non genera armonia, concordia, sicurezza e unโesistenza realizzata, ma addirittura produce lโesatto contrario.
Il criterio della divisione del lavoro non puรฒ essere rifiutato del tutto, ma deve trovare una condizione di compatibilitร con la dignitร della Persona. Non sembra infatti averla trovata nellโodierna societร meritocratica, una societร , per usare le parole di Michael Sandel ne ‘la Tirannia del Merito‘, ยซdi vincitori e perdenti, che produce tra i vincitori tracotanza; tra i perdenti, umiliazione e risentimentoยป.
Tutto รจ nelle mani dellโiniziativa individuale. Il discrimine tra il successo e lโinsuccesso รจ spesso caratterizzato dallโunico ascensore sociale rimasto in piedi, lโistruzione, discrimine tra le classi colte, destinate a ruoli di direzione nella societร , e quelle meno istruite, destinate al contrario al discredito sociale e allโirrilevanza politica.
Il sistema capitalistico ha riallineato la disuguaglianza sul merito, ignorando come il talento sia un dono e come spesso siano altri fattori di disuguaglianza ad essere incisivi come la posizione sociale di partenza.
Ma la svalutazione che questโultimo ha ricevuto ha attraversato tanto il lavoro intellettuale, quanto quello materiale: il primo tramutato in attivitร nozionistica e parcellizzata, il secondo ridotto a operazioni meccaniche e mal retribuite. Questo, per citare il Marx de ‘ I Manoscritti economico-filosofici”, ha portato a far sรฌ che ยซil lavoratore si senta appagato solo nei suoi bisogni animaliยป precludendo la strada per uno sviluppo integrale della persona umana.
ร a questo proposito che la domanda sul bene e sul male deve essere posta anche nellโodierno universo morale, attraversato da una molteplicitร caotica di concezioni.
Qui ad imperare รจ la concezione emotivista, secondo la quale il giudizio morale non รจ che lโespressione di un atteggiamento e di un sentimento e vi รจ incommensurabilitร tra le pretese morali dei singoli.
Tale concezione ha trovato nei โPrincipiaโ di Moore una sua sistematizzazione. Egli ha infatti definito il bene come โproprietร non naturaleโ, qualcosa che non ha alcun radicamento nella โnatura umanaโ, ma di esclusivo appannaggio della parte emotiva dellโuomo.
La morale soggettiva
Ogni pretesa di oggettivitร della morale sembra essere stata abbandonata anche tra i filosofi del Vecchio Continente, tanto nella diagnosi di Sartre, quanto in quella di Nietzsche, come espressione della volontร di potenza dei governanti.
Tale concezione sembra aver attecchito, come evidenzia MacIntyre nel suo saggio โDopo la Virtรนโ, tanto nellโindividualismo esistenzialista di Sartre quanto nel burocraticismo borghese.
Ce ne dร una bella espressione Max Weber, secondo il quale i valori sono messi al mondo dalle decisioni umane e tutte ยซle fedi e le valutazioni sono direzioni soggettive impresse dallโemozioneยป.
Se le fedi e i fini sono arbitrari, allora saranno mezzi per lโazione di chi detiene il potere, di chi orienta sentimenti, desideri, inclinazioni, in funzione della creazione e del soddisfacimento di bisogni effimeri, non radicati se non nellโorizzonte dellโistinto.
Se lโemozione รจ lโunica fonte del valore, allora, come sottolinea Mcyntire in โAfter Virtueโnon cโรจ alternativa a stabilire relazioni sociali manipolative, a trattare gli altri, per parafrasare Kant, mai come fini e sempre come mezzi, lโuno dellโarbitrio dellโaltro.
Se non esiste alcun criterio per definire il bene e il male, non ve ne sarร nemmeno uno per definire che cosโรจ lโuomo, e tale domanda risulta insensata.
L’io e le sue maschere
Lโio รจ โcome un attaccapanni su cui sono appesi degli abitiโ, e allora non rimane che indossare una maschera, incarnare un personaggio, e, in rapporto alla credibilitร della nostra recitazione, guadagnare credito sociale agli occhi del sistema.
Tra le maschere che vanno per la maggiore cโรจ, seguendo MacIntyre, quella dellโesperto (manager, scienziato, burocrate) e quella dellโesteta.
Lโuna complementare allโaltra nella sua funzione sociale: la sfera del lavoro come terreno di battaglia del merito e dellโestenuante ricerca di gratificazione sociale, quella del privato, invece, come sfera di un tempo libero in cui ยซrincretinirsi e bambineggiare a proprio piacimentoยป per riprendersi dagli affanni del lavoro, come sottolinea Nietzche in โAuroraโ.
Organizzazioni sociali rigidamente strutturate nel pubblico hanno il compito di tenere insieme popoli ormai ridotti ad accozzaglie di monadi isolate, deresponsabilizzate e deprivate della possibilitร di unโesistenza che vada oltre la mera conservazione della vita e il perseguimento dellโinteresse individuale in unโottica di competizione sfrenata e in un orizzonte i cui confini sono segnati dallโazione dello Stato.
Quali sono i criteri di legittimazione per un ordine sociale cosรฌ composito? Essenzialmente due: i ruoli di comando sono affidati ai tecnici e agli scienziati, mentre lโoggettivitร e la neutralitร sono garantite dalla loro capacitร di formulare generalizzazioni legali sui fatti sociali allo scopo di liberarsi dalla fragilitร e dallโincertezza.
Al contrario la cosa pubblica ha per l’economista cattolico Toniolo ha due funzioni una giuridica, orientata alla conservazione dell’ordine sociale ed una sociale-civile, orientata al progresso sociale ed economico. Esso si rende necessario quando le energie personali e della societร civile non riescono a raggiungere i fini del progresso e dell’uguaglianza sostanziale.
Lo Stato รจ antihegelianamente uno strumento nelle mani della societร e in questo senso รจ forte in Toniolo l’attenzione al principio di “sussidiarietร ” e la riceca di un equilibrio tra Stato e societร civile. Un esempio in questo senso รจ stata l’esemplare mobilitazione dei lavoratori GKN tale da dotarsi per la loro battaglia di esperti qualificati e da riuscire ad ottenere la condanna dell’azienda per comportamento anti-sindacale. La mobilitazione ha ottenuto l’esito anche di mettere al centro dell’attenzione le storture di un’economia finanziarizzata(GKN รจ di proprietร di un fondo speculativo) e la sconnessione tra finanza, industria e Bene Comune.
L’esempio Mazzuccato, lo “Stato innovatore”
In questo senso nel dibattito economico odierno si puรฒ rivelare una brillante sintesi tra funzione direttiva del pubblico e dinamismo della societร civile nello “Stato innovatore” di Marianna Mazzuccato.
L’economista italiana evidenzia come sia oggi necessario riscoprire la funzione dello Stato come imprenditore, capace cioรจ attraverso la sua zione di portare avanti l‘innovazione tecnologica ad un ritmo e ad un raggio molto piรน ampio delle imprese private, le quali se non stimolate dallo Stato e da un’esigenza comunitaria. i cosiddetti “venture capitalists” sono assai spesso animati da spirito puramente conservativo e da scarsa propensione al rischio e quindi al nuovo.
Un esempio di questa sinergia indispensabile tra Stato come propellente verso il progresso e privati รจ il successo planetario di Apple, che รจ dovuto al sapiente combinato di tecnologie progettate dallo Stato e magistralmente assemblate da quel genio di Steve Jobs. Va perรฒ sottolineato come quanto ricevuto dallo Stato e dalla comunitร scientifica americana non sia stato restituito per un sistema fiscale fin troppo accomodante con i colossi del settore tecnologico.
L’imponderabile
In questa fede si sono cullati lโilluminista Helvetius, Comte, l’utilitarista Mill, Condorcet, lo stesso Marx, i moderni sociologi, come fa notare McIntyre nel suo saggio โDopo la Virtรนโ; ma non hanno tenuto conto del margine di imprevedibilitร che governa sempre lโambito decisionale dellโuomo, il quale non si trova mai di fronte a decisioni giร prese, in un orizzonte visuale privilegiato sulla realtร sociale.
Nella realtร fattuale rispetto alla simulazione ยซmolte transazioni possono avere luogo tra membri dello stesso gruppoยป, elementi accidentali possono cambiare situazioni giร scritte ยซcome lโinfreddatura di Napoleone a Waterlooยป.
Prevedibilitร ed efficienza sembrano essere chimere illuministiche e controproducenti in quanto organizzazioni sociali cosรฌ orientate sopprimono ยซlโintelligenza e lโelasticitร mentale e rivolgono le energie dei subordinati contro il progettoยป.
Il disordine morale europeo
Arrivati a questo punto cerchiamo di far emergere la causa dellโattuale disordine morale e politico e, di conseguenza, sociale. Essa ha le sue radici nei bruschi rivolgimenti che attraversarono lโEuropa dal crollo dellโaristocrazia allโemergere al potere della classe borghese.
Questโultima era mossa nei suoi rappresentanti intellettuali da un radicale anti-aristotelismo ebbe il suo rigoglio nellโorizzonte del protestantesimo secolarizzato, Kant, Mozart, Hume, Smith. Qui lโorizzonte morale si scollรฒ da quello metafisico, religioso, estetico. E lโuomo โinteroโ di Aristotele, cosรฌ come quello del Cattolicesimo, in cui la ragione si armonizzava con le passioni e che attraverso le virtรน dava forma al proprio essere, passando dallโessere al dover essere, scomparve.
La filosofia della scienza del โ600 era giร arrivata con Pascal a riconoscere lโimpossibilitร per lโuomo di โragionare per essenzeโ predicando la non fondabilitร di ogni criterio morale su base razionale.
La ragione รจ solo calcolatrice, e al di lร del suo ambito tutto รจ convenzione. Non รจ accertabile alcun passaggio dalla potenza allโatto e lโuomo non ha unโessenza, nรฉ un fine a cui tende naturalmente.
Tale concezione porterร Hume a collocare la morale nellโambito emozionale, cosรฌ come Diderot in quello passionale, mentre Kant tenterร di fondarla sulla base di prescrizioni universalizzabili, determinando uno scollamento tra morale e natura umana, essere e dover essere, bene e dovere.
Infatti, in Kant, la cui concezione legata alla cultura protestante di Koinsberg vi รจ una scissione tra ragione ed emozione, la passione รจ definita โcancro della ragion praticaโ e con il criterio dellโโuniversabilizzabilitร โ delle massime morali e della legge morale come qualcosa di slegato dal piacere e dalla felicitร .
Per il suo formalismo sarร categorizzata da Max Scheler tra le โetiche del risentimentoโ, per distinguerle dalle etiche materiali, come la sua, che rivalutavano il valore morale del corporeo.
Come ravvisava Scheler infatti ciรฒ che manca alle etiche moderne รจ proprio il radicamento materiale nellโesistenza personale e comunitaria.
Tra le premesse su cui si รจ fondata la filosofia politica moderna cโรจ quella del perseguimento individuale della felicitร in ordine ad una natura umana percepita come preda di passioni incontrallabili allo scontro e al raggiro come in Machiavelli e Hobbes e auto-sufficiente come nel padre del liberalismo Locke.
Lo stato moderno nasce in ogni caso solo per sopperire alle originarie mancanze dellโuomo, sotto la forma di un contratto.
Ideologie conflittuali e unilaterali.
Anche le dottrine piรน impegnate socialmente, come quella di Rousseau o quella di Marx, aderiscono a questa concezione dellโumano, rilevando nelle strutture sociali ed economiche la radice della corruzione e nel loro cambiamento la salvezza, lโuno sul lato della partecipazione politica, lโaltro sul lato dellโestinzione dello Stato.
Tanto nelle concezioni socialiste quanto in quelle liberali cโรจ spazio per una visione unilaterale dellโumano e uno sguardo sospettoso sia verso lโautoritร , ritenuta da ambo le ideologie un demone pestifero, sia verso la politica, ritenuta mera lotta per il potere. Tanto il marxismo quanto il liberalismo promuovono una concezione antagonistica dellโuomo dannosa per la coesione sociale, lโuna sul lato della lotta di classe, lโaltra su quella della competizione economica, entrambe una concezione individualistica e non riescono a raggiungere lโumano nella sua integralitร , ferme come sono sulla concezione di homo faber, lโuomo trae la sua identitร dalla sua produzione.
Tanto il capitalismo quanto il socialismo hanno colto degli aspetti dellโumano: lโuno lโindipendenza, la dinamicitร , la creativitร , lโaltro la dignitร del lavoro, minacciata dai ritmi frenetici e dallโimpermeabilitร alle disuguaglianze del capitalismo moderno.
Fioritura morale dell’uomo
Anche i concetti moderni di diritto come quello di utilitร , spesso associati tanto al marxismo quanto al liberalismo, sono scatole vuote senza una concezione ontologica dellโuomo. Per S. Tommaso, sulla linea aristotelica, lโuomo ha una predisposizione a ricercare i beni (autoconservazione, amore, Dio) e ad evitare il male; ma tale predisposizione deve essere portata a frutto con una adeguata educazione delle virtรน e con lโesperienza delle relazioni intersoggettive, nelle quali si plasmano i desideri e le inclinazioni e si forgiano le abitudini.
Proprio in questo tipo di relazioni, di cui si ha una prima esperienza nella famiglia, si situa la possibilitร per lโuomo di fiorire o di appassire; รจ qui che lโuomo acquista o perde sรฉ stesso, รจ qui che si radica la possibilitร di una autentica felicitร definita dallโAristotele dellโEtica Nicomacheaโ ยซattivitร di uomini giusti e temperanti che agiscono pienamente nellโarmonia di ragione e emozione, pensiero e azione, individualitร e socialitร , che le leggi acquistano il loro valore non come mezzi del dominio del piรน forte ma come veicoli della vita buona in comuneโ.
ร qui che possono risplendere le virtรน, e cioรจ le capacitร di giudicare ciรฒ che รจ giusto al momento giusto: quelle cardinali e aristoteliche, come la giustizia, finestra sulla miseria e la sofferenza umana, la fortezza e la temperanza contro ogni paura paralizzante, e quelle cristiane, come la fede e la speranza contro ogni rassegnazione allโesistente, o la caritร per entrare in sintonia con lโanima del mondo. Ad esse si contrappone l’azione opposta dei vizi di chi difetta in caritร : lussuria, gola, avarizia, accidia, ira, invidia, sulperbia.
La vita come storia unitaria e comune
Ecco che con Aristotele la vita umana si presenta come un tutto, che ha bisogno di svilupparsi tanto nel corpo, con beni esteriori e una educazione fisica adeguata, quanto nellโanima, con la possibilitร di trascorrere il proprio tempo libero elevando il proprio animo, indagando i misteri del mondo naturale e ricercando la propria origine metafisica.
Quale contrasto tra questa concezione e quella individualistica dellโoggi che ha prodotto, per citare MacIntyre, ยซbalbuzienti e ansiosi e senza copioneยป, protagonisti di storie irrelate e parallele.
La sfida dellโuomo di oggi, in una realtร sociale costituita da universi paralleli, รจ proprio quella di ritrovare la strada educativa e politica per acquistare la consapevolezza che la storia che attraversiamo e ci attraversa รจ comune, che in essa tra mali, pericoli e tentazioni, si puรฒ far strada il bene e puรฒ riemergere il legame con la tradizione, il portato di miti, leggende e storie di cui lโumanitร รจ depositaria nella traiettoria delle virtรน dalle societร โeroicheโ alle moderne societร secolarizzate.
Politica รจ l’amicizia, politica la felicitร .
In senso comunitario รจ per Aristotele da intendere il concetto di amicizia, che non รจ semplice inclinazione emotiva e simpatetica verso un altro da sรจ ma si attua pienamente nel perseguimento comune di un progetto legato al bene e trova una declinazione sublime nella meravigliosa sintonia di anime che รจ la caritร cristiana.
Politica รจ anche la felicitร che si attua nella buona vita in comune, non nel perseguimento del piacere individuale, nรจ nelle apparenze dell’onore, della gloria e del merito nรจ nell’amicizia intesa come consumo dell’altro per le emozioni che ci trasmette ma l’unione รจ data dall’amore per lo stesso Bene.
Nel Cristianesimo la felicitร terrena รจ riflesso di quella celeste, lieto preannuncio di quella dell’Al di lร , Gioia che per citare Emanuele Severino รจ โtoglimento della contraddizioneโ.
La felicitร umana ha il suo fondamento metafisico nella beatitudo.Questโultima sarร ottenuta dallโuomo con la finale contemplazione di Dio e sancisce un limite ai diritti che lo Stato puรฒ avere sulla vita umana che diventa insacrificabile, di qualunque colpa il singolo uomo si macchi, oltre a garantire un fondamento ai diritti civili (libertร parola, espressioneโฆ), sociali (allocazione paritaria dei beni, socializzazione imprese) e politici (partecipazione) e i doveri ad essi corrispondenti che trascenda lโorizzonte della societร politica e la fondi.
La politica รจ unโarte che deve avere per fondamento lโuomo, che, per citare Gehlen, รจ โun essere carenteโ rispetto agli altri animali, che sono animati dallโistinto e sono al proprio posto nel mondo; infatti, ยซil figlio dellโuomo non ha dove posare il capoยป, ma deve, con la propria con ragione e volontร , ingegno e fantasia, dare forma al mondo attraverso gli artifici della tecnica, la ricerca del divino nellโarte, nella filosofia e nel religioso.
E non raggiunge mai lo stato di perfezione, ma trova la grazia nel riconoscimento della propria imperfezione, donandosi allโaltro con umiltร e rifiutando lโhybris dellโonnipotenza, che ha funestato la modernitร sin dai suoi albori illuministici, accettando i limiti di una convivenza umana e rifiutando, per citare Michael Sandel, ยซil paradigma della perfezioneยป.
Nellโorizzonte mutevole e fragile dellโumana politica, ยซla cui veritร puรฒ essere accertata solo a grandi linee e perlopiรนยป, lโuomo puรฒ trascendere sรฉ stesso e attingere il buono, il giusto e il vero, donandosi agli altri nellโamore.
Come la “virtรน civica” ebbe piรน successo del “merito”
Come evidenzia Michael Sandel nel suo meraviglioso saggio “Tirannia del Merito” il “credenzialismo“, cioรจ quell’ideologia che fa della laurea il presupposto per ruoli di comando nella societร ha portato ad un cambiamento radicale nella composizione dei Parlamenti europei.
Ad esempio il Governo di Attlee “considerato la piรน signficativa amministrazione riformatrice della Gran Bretagna del XXยฐ secolo” diede ampio potere nella sua formazione di governo alle classi lavoratrici e “stabilรฌ i termini etici su cui venne fondato il nuovo contratto sociale della Gran Bretagna“(sette dei suoi ministri avevano lavorato nelle miniere a carbone). Oggi nei paesi ocidentali in cui cira il 70 per cento delle persone non ha una laurea i parlamenti europei si aggirano su percentuali vicine o superiori all’80 per cento di laureati, una sconnessione evidente con il paese reale, di cui il Parlamento nella sua composizione dovrebbe essere fedele fotografia.
Questo dimostra come la competenza sia un criterio erroneo su cui stabilire il potere politica e phronesis aristotelica, cioรจ alla ragion pratica, la capacitร di saper decidere il buono e il giusto nella variabilitร delle circostanze, sia qualcosa alla portata di chiunque( a prescindere da sesso, etnia, classe) porti a segno quelli che S. Tommaso definisce come “semi di virtรน”.
Nella โmedietร โ la comunitร possibile”
In conclusione, seguendo Aristotele non si puรฒ non pensare al suo concetto di “medietร ”, รฉ virtuoso ciรฒ che รฉ terra di mezzo tra due estremi come coraggioso rispetto a pavido e temerario.
Anche nell’ambito della comunitร c’รจ un limite da rispettare quello delle leggi e del principio di rappresentanza.
Aristotele ci insegna ad apprezzare della comunitร tanto la forza dei legami(la famiglia, le consorterie, l’educazione, il pubblico dibattito, i riti pubblici) quanto quelle che Plessner avrebbe chiamato forze distanzianti della societร .
Essa richiede l’artificio e la convenzione, la separazione atomistica tra gli individui, ciascuno seguendo il proprio interesse(artificio che ha costituito un incentivo anche per il cambiamento sociale, chiaramente combinato a lotte sociali e riforme progressive, verso una societร diversa da quella schiavista e sessista prospettata come il dato “naturale” da Aristotele nella “Politica”). La societร รจ apparente e passeggera, la comunitร durevole e intima. Non c’รจ l’una senza l’altra, senza societร la comunitร si dissolve in delirio collettivista delle indifferenze, nell’annullamento della pluralitร e della dignitร delle persone.