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Scopri L’America dopo l’egemonia

L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

La Rivoluzione ungherese

La Rivoluzione ungherese

In un momento come quello odierno, in cui le nuove generazioni, sono come anestetizzate dal liberalismo imperante, che offre loro falsi miti e false idee di libertร (l'ideologia edonistica dei diritti senza doveri), la Rivoluzione Ungherese rappresenta un fulgido esempio di passione civile e di amore per la propria Patria. Infatti, solo riappropriandosi della propria identitร , della propria cultura e della propria sovranitร  economica, una Nazione puรฒ difendere, oggi piรน che mai, la propria sovranitร  ed affrontare le sfide del presente.

In un momento come quello odierno, in cui le nuove generazioni, sono come anestetizzate da un postmodernismo imperante, che offre loro falsi miti e false idee di libertร (l’ideologia edonistica dei diritti senza doveri), la Rivoluzione ungherese rappresenta un fulgido esempio di passione civile e di amore per la propria Patria. Infatti, solo riappropriandosi della propria identitร , della propria cultura e della propria sovranitร  economica, una Nazione puรฒ difendere, oggi piรน che mai, la propria sovranitร  ed affrontare le sfide del presente.

La prima occupazione sovietica.

Alla fine della Prima Guerra Mondiale Budapest, che per piรน di 600 anni era stata capitale di un glorioso regno e che, come parte dellโ€™Impero Austro-Ungarico, aveva conosciuto un periodo di fioritura politica, economica e culturale lungo circa un secolo, giaceva in uno stato di profonda prostrazione. Lโ€™Ungheria aveva dovuto cedere ben 2/3 del suo territorio e si trovava in una condizione di isolamento economico. Lโ€™unica soluzione per spezzare lโ€™isolamento era quella di entrare nel bacino di influenza dellโ€™URSS. Nel marzo del ’19 Bela Kuhn, segretario del Partito Comunista dโ€™Ungheria, instaurรณ una dittatura comunista, contando sullโ€™appoggio pressochรฉ totale del popolo ungherese che, molto abbattuto dal punto di vista morale, sperava in tal modo in unโ€™occasione di riscatto. Sperava cioรจ di poter ottenere maggiori diritti in unโ€™ottica redistribuiva delle ricchezze, che, in un popolo a base contadina, significava redistribuzione delle terre. Il capo del Partito Comunista Ungherese, invece, contrariamente allโ€™opinione dello stesso Lenin, negรฒ questโ€™ultima istanza, procedendo ad una collettivizzazione dei terreni, la cui gestione fu affidata ai vecchi proprietari e dirigenti.

Questo fatto, unito allโ€™ostilitร  delle vicine Repubblica Ceca e della Romania, peggiorรฒ ulteriormente la giร  disastrosa condizione economica dei magiari, alienando definitivamente le simpatie di gran parte del popolo verso soluzioni economiche di stampo socialista e marxista. La Repubblica Popolare Ungherese fu rovesciata dopo solo un anno dalle truppe dellโ€™ammiraglio Horty il primo marzo 1920, che vide poi nellโ€™alleanza con il fascismo italiano e con il nazismo la possibilitร  di rompere lโ€™isolamento dellโ€™Ungheria e di riottenere i territori perduti nella Grande Guerra, dapprima per via pacifica, cercando di ridiscutere i trattati di pace e successivamente impiegando le proprie forze nel secondo conflitto mondiale.

Disfatta nella Seconda Guerra Mondiale e Trattati di Pace.

La sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale gettรฒ la popolazione ungherese in maniera inesorabile ed inevitabile in una nuova e ben piรน grave crisi economica e, per la seconda volta, nelle grinfie di una trionfante Unione Sovietica. Nel febbraio del 1945, con una Germania ormai sconfitta, si erano riuniti i grandi capi delle tre nazioni vincitrici del secondo conflitto mondiale: Franklin Delano Roosevelt, presidente degli Stati Uniti dโ€™America, il primo ministro inglese Winston Churchill e Iosif Stalin, dittatore dellโ€™Unione Sovietica. A questโ€™ultima era stato riconosciuto il sacrificio immane del popolo sovietico nella lotta al Nazismo, sacrificio che meritava una ricompensa. Su parere di Roosevelt venne riconosciuta allโ€™Urss la possibilitร  di annettere nella propria sfera dโ€™influenza lโ€™intero Est europeo, poichรฉ si riteneva che grazie a ciรฒ lโ€™Unione Sovietica avrebbe lasciato in pace il mondo occidentale. Ai paesi Est europei rimaneva la possibilitร  di indire libere elezioni, ma, in realtร , quella che restava loro era una sovranitร  solamente formale.

Infatti, appena terminata la Seconda Guerra Mondiale, le elezioni ungheresi, si conclusero con la vittoria del Partito dei Piccoli Produttori, che ottenne il 57 per cento dei voti, lasciando dietro di sรฉ il Partito Socialista e, staccato di ben 40 punti percentuali, il Partito Comunista, etero-diretto da Mosca. Tale risultato conferma la scarsa simpatia nutrita dal popolo ungherese, radicato nella tradizione rurale e cattolica, nei confronti di un nemico come quello sovietico, che giร  non molti anni prima, aveva causato il malcontento con scelte impopolari. Ora lโ€™Armata Rossa occupava Budapest. Nel 1946 Tildy venne eletto presidente della repubblica e Imre Nagy nel โ€˜47 gli succedette come primo ministro.

La dittatura di Rakosi

Nel frattempo, il Partito Comunista a guida Rakosi procedette allโ€™epurazione degli oppositori โ€œfetta dopo fettaโ€ e riuscรฌ ad essere eletto nel โ€˜49, unendo a sรฉ, con una fusione forzata, le forze dei socialisti. Di questo periodo รจ la rottura insanabile tra Stalin e Tito, che culminรฒ con lโ€™espulsione dal Comintern di Tito, reo di aver voluto avviare una politica autonoma rispetto agli interessi dellโ€™universo sovietico. Stalin non si fidava piรน di nessuno e voleva operare un maggiore controllo.ย  Iniziรฒ cosรฌ un periodo di forte repressione contro chiunque non si attenesse allโ€™ortodossia marxista-leninista e alle direttive politico-economiche di Mosca. Una vera e propria caccia alle streghe, che, nella sola Ungheria, portรฒ allโ€™epurazione di metร  della classe dirigente. In maniera analogo avvenne in Cecoslovacchia, Bulgaria e Polonia fino a far salire a 10 milioni il numero degli internati nei gulag.

La morte di Stalin: i semi della Rivoluzione ungherese.

Il 5 marzo 1953, con la morte di Stalin, inizia il cosiddetto periodo di de-stalinizzazione, che, nel concreto, portรฒ alla divisione della direzione del partito da quella del governo e questo garantรฌ maggiore flessibilitร  in economia. In Ungheria venne promosso come primo ministro Imre Nagy da Malenkov, successore di Stalin, piรน aperto sia ad unโ€™innovazione del movimento socialista, sia ad abbandonare le politiche di collettivizzazione forzata, sia anche a liberare i dissidenti e a permettere una certa libertร  religiosa, liberando il primate della Chiesa dโ€™Ungheria. Quando perรฒ Kruscev spodestรฒ Malenkov e rimise Rakosi al suo posto, lโ€™inquietudine e il malcontento tra i cittadini costrinsero Rakosi alle dimissioni. Egli fuggรฌ in URSS, ma non prima di aver nominato un altro accanito stalinista come Gero.

Da manifestazione pacifica ad aperta Rivoluzione.

Nel frattempo, nella vicina Polonia centinaia di migliaia di polacchi scendono in piazza, riuscendo ad ottenere lโ€™affidamento del governo a Wล‚adysล‚aw Gomuล‚kaย e la liberazione del Cardinale Stefan Wyszyล„ski. Il 22 ottobre 1956, a Budapest un gruppo di giovani studenti del circolo culturale Petofi, tra cui spicca il nome del giovane filosofo Lukacs, elabora i punti che devono servire da programma per la manifestazione del giorno seguente in sostegno della Polonia e di Gromulka. Si chiedono elezioni libere, ritorno al potere di Nagy, libertร  di scelta in campo economico, libertร  di pensiero. La manifestazione, che doveva avere carattere pacifico, si trasforma ben presto in vera e propria rivoluzione. I manifestanti si riversano nelle strade, bruciano le bandiere rosse, strappano il simbolo sovietico dalle bandiere ungheresi, danno alle fiamme i libri sovietici e si accaniscono con livore sulla colossale statua di Stalin, simbolo della ventennale oppressione. Gli eventi precipitano rapidamente quando la radio di Partito ha la pessima idea di ricordare il debito storico che gli Ungheresi devono sentire verso lโ€™Unione Sovietica. Eโ€™ vera benzina sul fuoco, che si tramuta ben presto in incendio, facendo divampare la Rivoluzione ungherese. La folla si dirige verso la sede della radio con lโ€™intento di metterla sotto sopra. Lโ€™AVH (la polizia incaricata da Mosca), che aveva il mandato di custodire lโ€™edificio, non sa che pesci prendere e inizia a sparare sui dimostranti: รจ unโ€™ecatombe.

In conseguenza di questi fatti, si riunisce il Comitato Nazionale che, da una parte, affida il potere a Nagy ma, dallโ€™altra, chiede lโ€™intervento dellโ€™esercito sovietico. Il giorno seguente i rivoltosi assaltano le caserme, prendendo rapidamente possesso dei principali centri di potere della cittร . La direzione del Partito viene affidata a Kรกdรกr, che allontana gli stalinisti, ma senza riuscire a fermare la rivolta. Gli scontri proseguono piรน cruenti di prima: il valore degli ungheresi, sebbene in notevole inferioritร  numerica, รจ tale che i sovietici non riescono ad avere la meglio. Mosca acconsente allora alla prima delle istanze popolari, quella di avere Nagy come primo ministro. Quest’ultimo accoglie tutte le istanze di rinnovamento espresse dal mondo operaio e contadino e comincia a contrattare il cessate il fuoco con l’Urss, oltre ad annunciare lo scioglimento dell’AVH e il ritiro delle truppe sovietiche, che avviene il 30 ottobre.

Risorgono sindacati, giornali e associazioni culturali, mentre vengono trucidati diversi capi politici e militari comunisti e si inizia a formare una Guarda Nazionale, con la collaborazione di gran parte dell’esercito, capitanato dal ministro della Difesa Per Maleter. Quest’ultimo, invece di sedare la rivolta, ย si schiera dalla parte dei rivoltosi. Il popolo ungherese si culla, per una settimana, nellโ€™illusione di essere finalmente uscito dallโ€™incubo comunista, che, iniziato nel 1945, aveva impoverito il paese magiaro, imponendo un modello economico industrialista (basato sulla produzione massiva nel settore siderurgico) e collettivista (del tutto avulso da una realtร  di piccoli produttori), e aveva prodotto un clima di repressione poliziesca e di intolleranza per ogni forma di libertร  di pensiero e di culto.

La reazione dellโ€™opinione pubblica internazionale

Nel frattempo, la notizia della Rivoluzione ungherese si diffonde rapidamente in tutto il mondo grazie ai resoconti di Luigi Fossati. Egli era presente casualmente a Budapest e si ritrovava cosรฌ, del tutto inaspettatamente, ad assistere ai concitati eventi della rivoluzione. Gli articoli scritti dal giornalista dell’Avanti contengono un’accusa pesantissima all’Urss, quella di aver invaso militarmente lโ€™Ungheria e aver soffocato ogni tentativo di rinnovamento e provocano perciรฒ un vero e proprio terremoto all’interno del mondo socialista italiano. L’Unione Sovietica era identificata da tutta lEstrema Sinistra Italiana come la patria del socialismo reale per cui gli scritti di Fossati provocano un vero e proprio terremoto all’interno del mondo socialista. Si delineano cosรฌ tre posizioni: quella di Pietro Nenni, segretario del PSI, quella di Togliatti e quella di una frangia del PCI, guidata da Antonio Giolitti. Il primo segna un definitivo distacco da parte della corrente maggioritaria del PSI dal mondo sovietico e la disponibilitร  a fornire in ogni modo aiuti alla popolazione ungherese affinchรฉ riesca a spezzare โ€œgli schemi della dittatura in forme autentiche di democrazia e di libertร ”. Dal canto suo Togliatti non รจ invece intenzionato ad abbandonare l’idea di socialismo del blocco sovietico perciรฒ bolla i protagonisti e gli ispiratori della Rivoluzione ungherese come qualunquisti e provocatori e il governo come una direzione reazionaria.

Il segretario del PCI invita inoltre i โ€œdeviazionistiโ€ del PCI a ritornare sui loro passi, ma Antonio Giolitti, firmatario del manifesto dei 101 intellettuali comunisti in favore della Rivoluzione e di un rinnovamento interno al mondo socialista, esce insieme ad altri sodali dal Partito, confluendo nel PSI. Si forma cosรฌ tra PCI e PSI, un tempo โ€œa braccettoโ€, una frattura insanabile. Il PCI resta legato allโ€™ortodossia sovietica ed al principio secondo cui โ€œsi sta dalla propria parte anche quando si sbagliaโ€. Un sostegno deciso alla Rivoluzione ungherese arriva invece dalla componente giovanile del MSI, che si attiva in ogni modo per incitare l’Italia all’intervento anche attraverso molteplici interrogazioni parlamentari. Numerosi sono i ragazzi legati alle aree giovanili del Partito che decidono di immolarsi per la causa ungherese. Mirko Tremaglia tenta di formare un battaglione antisovietico e, seppur indagato per banda armata, parte per l’Ungheria. Qui riesce a soccorrere e portare in salvo a Bergamo numerosi ribelli.

Il crollo della Rivoluzione ungherese

Nel delicato equilibrio internazionale a guerra di Suez in corso, nessuno se la sente di offrire il proprio aiuto e di contrapporsi allโ€™Unione Sovietica. Gli appelli del primo ministro Nagy allโ€™Onu, rimangono cosรฌ inascoltati. Come recita la canzone “Ragazzi di Buda” 10 anni piรน tardi, il mondo rimane “a guardare sullโ€™orlo della fossa seduto”.

La tanto tento temuta reazione russa non tarda ad arrivare. Infatti, lโ€™uscita dell’Ungheria dal Patto di Varsavia, la proclamazione di una repubblica multipartitica, la costituzione di un consiglio democratico dei lavoratori e, soprattutto, il presunto ma sempre smentito rischio di intervento militare americano allarmano profondamente l”Urss. Cosรฌ la corrente guidata da Molotov prevale e Kruscev si risolve per l’intervento armato. รˆ il 4 novembre 1956, quando i sovietici penetrano in Ungheria con un contingente enorme, superiore addirittura a quello che aveva affrontato Hitler. Le speranze dei rivoluzionari sono nulle.

I giovani ungheresi, sostenuti da gran parte dell’esercito passato nelle proprie fila, non hanno paura della morte, non la tengono in nessun conto, sono disposti a battersi con tutte le loro forze, anche al costo del massacro, pur di tentare di difendere un valore inestimabile quale quello della libertร  democratica e della sovranitร  nazionale. La radio trasmette un ultimo accorato messaggio di Imre Nagy: “Qui parla il Primo Ministro Imre Nagy. Oggi allโ€™alba le truppe sovietiche hanno aggredito la nostra capitale con lโ€™evidente intento di rovesciare il governo legale e democratico di Ungheria. Le nostre truppe sono impegnate nel combattimento. Il governo รจ al suo posto. Comunico questo fatto al popolo del nostro Paese ed al mondo intero”.

Il bilancio finale รจ di 2.700 morti tra gli ungheresi di ambo le parti, la cattura di Nagy e Maleter, che verranno poco dopo giustiziati. รˆ la fine della Rivoluzione. รˆ il dolore dell’Ungheria, illusaย  e tradita, inebriata dall’odore della libertร  e ora precipitata nell’odore acre dell’oppressione. รˆ il lamento di un popolo, cui รฉ negato il sacrosanto diritto di tessere la propria storia da solo, di costruire la propria economia secondo le proprie tradizioni, soprattutto contadine e cristiane, e che invece รจ costretto a sottostare ad un industrialismo e ad un laicismo forzati che ne hanno oppresso e snaturato l’anima.

Lโ€™ereditร  della Rivoluzione ungherese

Lโ€™ereditร  della Rivoluzione ungherese viene raccolta dai partiti. Con la dissoluzione del mondo sovietico nel 1989, i partiti inaugurano il nuovo corso democratico ungherese, che guarda con speranza al mondo europeo. In tutte le scuole ungheresi รจ ormai da molti anni buona tradizione quella di intonare, dopo il saluto alla bandiera, accanto allโ€™inno nazionale ungherese anche โ€œRagazzi di Budaโ€, la canzone che il mondo della destra italiana aveva dedicato alla rivolta. Tra i giovani politici dellโ€™epoca spicca la figura di un venticinquenne, Viktor Orban che, allora sulle barricate, รจ oggi invece sulla plancia del governo ungherese, cui ha impresso negli ultimi anni unโ€™impronta decisamente conservatrice e sovranista, interpretando, pur con qualche contraddizione, i sentimenti e le tradizioni del popolo ungherese.

Le contraddizioni del presente.

Nel contesto della sua politica appare perรฒ del tutto fuori luogo la rimozione della statua di Imre Nagy del 29 dicembre 2018 da Piazza dei Martiri, la Piazza del Parlamento, e la sua ricollocazione in piazza Jaszai Mari, dedicata alle vittime del Terrore Rosso. Questo gesto sembra voler sottolineare il distacco di Orban, rispetto ad un personaggio che, appartenente al mondo comunista, contrasta in qualche modo con la politica nazional conservatrice del premier ungherese. Nagy rimane comunque un uomo cheย  ha dato la propria vita per la sua patria. Un martire, peraltro ricordato come tale dallo stesso Orban nel giorno della sua riabilitazione, quando tenne un discorso che lo indicรฒ allโ€™attenzione mediatica di tutto il Paese, segnando lโ€™inizio della sua carriera politica.

di Giacomo Bonetti

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Giacomo Bonetti

Giacomo Bonetti

Sono Giacomo Bonetti classe 2000 vengo da Fermo, splendida cittadina immersa tra le colline marchigiane. Studio Filosofia all'Universitร  Cattolica di Milano. Tutto ciรฒ che รฉ umano mi appassiona.

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