“Le porte dell’Alleanza atlantica restano aperte per le democrazie europee che sono pronte e vogliono contribuire alla sicurezza condivisa”. Con queste parole, il Segretario generale della NATO, Jens Stolternberg aveva avviato la procedura di adesione di Svezia e Finlandia, firmata il 5 luglio 2022. Una svolta quasi possibile, poiché in quel momento 28 Paesi membri della NATO su 30 avevano prontamente dato l’approvazione, tramite voto parlamentare, all’ingresso dei due nuovi alleati. A distanza di sei mesi la situazione non è cambiata e il processo di ratifica da parte di Turchia e Ungheria è ancora bloccato.
All’inizio del summit della NATO a Madrid, 5 luglio 2022, Svezia e Finlandia avevano firmato un accordo con il presidente turco Recip Tayyip Erdogan per affrontare la situazione “sicurezza” presentata da Ankara. La questione in gioco riguardava, e riguarda anche tutt’ora, il movimento Hizmet di Fethullah Gülen e il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, che la Turchia considera organizzazione terroristica. Secondo le dichiarazioni da parte di Ankara i due Paesi sostengono tale organizzazione. Ma come?
Stando alle statistiche, Helsinki e Stoccolma in particolare, ospitano 85 mila curdi e in passato avevano sostenuto le popolazioni del nord est siriano, criticando le operazioni militari di Ankara in quell’area in cui da anni, dopo il ritiro della coalizione occidentale anti- Isis, cerca di imporre il proprio controllo. Fu quindi firmato un accordo fra i tre Paesi che stabiliva un aiuto reciproco in caso di minacce alla sicurezza e stabiliva delle persone da estradare.
I soggetti presenti sulla lista consegnata dalle autorità turche sono accusati in molti casi di terrorismo e altre attività che possono collegarsi a una “minaccia per la sicurezza “di Ankara, ma che la Svezia non ritiene di poter estradare, tantomeno perseguire penalmente. Tre pagine e dieci punti sono serviti a cancellare la solidarietà che da tanto tempo i due governi avevano garantito ai curdi. Il 5 luglio del 2022 Yilmaz Orkan, rappresentante del popolo curdo in Italia, ha dichiarato “il documento fra Turchia, Svezia e Finlandia è stato firmato sulla pelle di migliaia di attivisti, avvocati, giornalisti e cittadini curdi che verranno consegnati i al loro massacratore, Erdogan”.
Il dialogo tra Ankara e Stoccolma si è decisamente raffreddato negli ultimi tempi e i segnali per una ripresa sono sempre più negativi. Il 19 dicembre 2022 la Corte suprema svedese ha bloccato l’estradizione del giornalista turco Bülent Kenes, rifugiato politico per aver preso parte al golpe del 2016; dopo che la stessa corte aveva concesso l’estradizione in Turchia di Mahmut Tat, militante del PKK reclamato da Ankara. La ragione del giudizio di rifiuto da parte della magistratura svedese è semplice: mentre il PKK è considerato, dall’Unione europea come dagli Stati Uniti, un’organizzazione terroristica; Bülent Kenes è, invece, accusato dalla Turchia di reati di opinione e vi sarebbe stato il rischio di persecuzione a causa delle opinioni politiche personali.
Bülent Kenes era redattore del giornale Zaman Daily, chiuso dalla magistratura turca, piegata al governo di Erdogan, perché accusato di fare parte del complotto organizzato dal famoso leader Fethullah Gülen, sfociato nel tentavo golpe del 2016. La più spietata persecuzione politica e giudiziaria dei seguaci di Fethullah è il mezzo con il quale Erdogan ha distrutto la democrazia turca, incarcerando decine e decine di migliaia di prigionieri politici, licenziando funzionari pubblici, magistrati, professori e chiudendo varie testate giornalistiche.
Da parte sua Stoccolma ha agito con linearità democratica e nel pieno rispetto dello Stato di diritto; supportato dalla sua popolazione, il cui 60% pensa che la Svezia “dovrebbe difendere le leggi svedesi “di fronte alle richieste turche e che questa decisione non debba essere superata nemmeno “ se ciò ritarda l’adesione alla NATO”. La risposta della Turchia non si è fatta attendere, tanto è vero che il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu ha definito la decisione svedese come “uno sviluppo molto negativo”.
Il 2023 si è aperto con le dichiarazioni del primo ministro svedese Ulf Kristersson, che intervenendo a un dibattito pubblico ha sottolineato come la Turchia “chiede cose che non possiamo e non vogliamo darle”. Frase che fotografa chiaramente i limiti del negoziato con Ankara. Come si è dimostrato anche durante una manifestazione tenutasi a Stoccolma, il 21 gennaio 2023, durante la quale il leader del partito di Estrema destra danese Stram Kurs ha bruciato una copia del Corano dinanzi l’ambasciata turca per protestare contro il veto di Ankara.
Proteste che hanno subito portato le denunce del portavoce e consigliere del Presidente Recip Tayyip Erdogan: “Bruciare il Corano è un crimine di odio e contro l’umanità…attaccare i valori sacri è un esempio di moderna barbarie, non di libertà”. Fatto che ha portato ad una reazione veemente da parte turca, con il ministro degli Esteri che ha addirittura convocato l’ambasciatore svedese ad Ankara per denunciare la questione. Da ciò il ministro degli Esteri svedese, Tobias Billström, ha commentato “il veto turco” definendolo “sabotaggio”. Di fronte a questa situazione, gli altri membri della NATO, vista l’importanza di Svezia e Finlandia per gli equilibri strategici nel Nord Europa, stanno cercando di convincere la Turchia ad accelerare il processo.
A farlo ci hanno provato gli Stati Uniti durante la visita a Washington del ministro per gli affari Esteri turco Mevlüt Cavusoglu del 19 gennaio. Il segretario di stato americano Anthony Blinken ha promesso al suo omologo (turco) che avrebbero accelerato la fornitura dei caccia-bombardieri F16 in cambio del semaforo verde nella NATO per Stoccolma. Ma niente di fatto. In questo caso sembra sempre più probabile che la Svezia debba aspettare il prossimo summit NATO, in programma a Vilnius in luglio 2023, e in particolare l’esito delle elezioni che si terranno in Turchia il 14 maggio p.v. per la scelta del nuovo presidente e dell’assemblea nazionale.
Per la Finlandia, invece, il discorso è diverso e stando alle ultime affermazioni da parte del governo turco sembrerebbe esserci un’intesa. Ciò è dovuto alla cancellazione dell’embargo nei confronti della Turchia applicato nel 2019 e la ripresa dell’export di acciaio per la produzione di componenti di armamenti e blindati da guerra. Helsinki ha insomma compiuto un passo ulteriore verso la NATO e l’opzione di entrare senza la Svezia può essere una possibilità.
Foto in evidenza: “Arrivals of leaders” by NATO is licensed under CC BY-NC-ND 2.0.