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Turismo e covid-19: il ruolo dell’innovazione nelle aziende

Turismo e covid-19: il ruolo dell’innovazione nelle aziende

Turismo e covid-19: il ruolo dell’innovazione nelle aziende Il turismo ai tempi del coronavirus: come uscire dall’attuale impasse? Le parole d’ordine sono innovazione e digitale Il diffondersi della pandemia di Covid-19 induce a riflettere sulla prevedibilità e sulla portata degli effetti in termini economici che sono emersi nel corso del 2020 e su quelli che […]

Turismo e covid-19: il ruolo dell’innovazione nelle aziende

Il turismo ai tempi del coronavirus: come uscire dall’attuale impasse? Le parole d’ordine sono innovazione e digitale


Il diffondersi della pandemia di Covid-19 induce a riflettere sulla prevedibilità e sulla portata degli effetti in termini economici che sono emersi nel corso del 2020 e su quelli che emergeranno negli anni a venire. Già a fine gennaio 2020, con l’epidemia apparentemente ancora relegata ai primi focolai di Wuhan e della regione dell’Hubei, è possibile riscontrare le prime analisi in cui appariva chiaro che l’impatto economico avrebbe potuto essere devastante. In genere i primi ad essere colpiti in caso di recessione sono i lavoratori impegnati nei settori dell’edilizia e dell’industria tessile, o più generalmente quelli rientranti nella categoria dei “Blue collars”. In questo caso, invece, si è verificata una maggiore incidenza nella perdita dei posti di lavoro nei settori che prevedono una particolare interazione tra lavoratore e cliente, cosiddetti “Pink collars”, impegnati nelle vendite al dettaglio, nelle professioni relative alla fornitura di servizi alla persona e, infine, nel settore turistico. Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in particolare, ad essere stati severamente colpiti sono i seguenti settori: servizi di alloggio e ristorazione, trasporti, commercio al dettaglio e all’ingrosso. Il settore turistico è stato quindi particolarmente colpito nei suoi comparti fondamentali. In tutta Europa, nei primi 8 mesi del 2020, Eurostat stima che il numero delle notti trascorse nelle strutture ricettive nell’Unione europea a 27 sia pari a circa 1,1 miliardi: un calo di oltre il 50%rispetto allo stesso periodo del 2019 (Istat, 2020).

Una particolare menzione va data all’elemento dell’incertezza, con particolare riferimento al settore turistico in quanto esso risulta essere particolarmente dinamico, complesso e perciò sensibile alle turbolenze ambientali. Numerosi sono i contributi che hanno evidenziato il ruolo che l’incertezza ha nel legame con i momenti del ciclo economico, soprattutto a causa dell’inevitabile complessità che comporta nella formulazione delle previsioni, come già sottolineato più volte, e degli interventi conseguenti.

Secondo la definizione data da Frank Night nel 1921 l’incertezza “[…] va considerata in un senso radicalmente distinto dalla nozione familiare di Rischio, dalla quale non è mai stata propriamente separata[…]. Il fatto essenziale è che “rischio” significa in alcuni casi una quantità suscettibile di misura, mentre altre volte è qualcosa distintamente non di questo tipo; e ci sono
differenze cruciali e di vasta portata nell’influenza di questi fenomeni a seconda di quale dei due è realmente presente ed operante[…]. Si comprenderà che un’incertezza misurabile, o propriamente “rischio”, per come useremo il termine, è così tanto differente da una non misurabile che in effetti non è un’incertezza affatto
”. La differenziazione tra rischio e incertezza delineata dall’economista americano ha permesso alla letteratura scientifica di mettere in luce, nel corso degli anni, il ruolo che essa riveste nell’analisi di fenomeni di natura economica e, più specificatamente, aziendale.

In genere gli shock che colpiscono un sistema generano, al di là degli effetti specificatamente connaturati allo shock stesso, una situazione in cui le certezze vengono meno e gli operatori economici sono naturalmente spinti ad adottare comportamenti di tipo prudenziale che allungano, o peggiorano addirittura, il momento recessivo.Un clima di opacità circa gli andamenti futuri non può di certo favorire l’investimento a cuor leggero poiché rende complesso il calcolo del rendimento da parte delle imprese e allo stesso modo esso limita il consumo delle famiglie, che presenteranno remore nell’acquisto di beni e servizi.

Secondo l’analisi svolta da Nicholas Bloom vengono a delinearsi quattro canali principali che possono portare ad un aumento dell’incertezza ambientale (e non) in caso di crisi: in un clima tranquillo le imprese si comportano normalmente, commerciando e diffondendo informazioni; in caso di shock invece la loro attività rallenta, riducendo il flusso informativo e opacizzando le condizioni del mercato. Come precedentemente accennato, un secondo canale di diffusione è quello legato all’eccezionalità della situazione in quanto risulta ovviamente più agevole fare previsioni in tempi di normalità che in tempi di recessione. Un terzo canale è rappresentato dalla deviazione di risorse inutilizzate, in tempi eccezionali, verso impieghi di ricerca e sviluppo, i cui risultati in termini economici risultano generalmente più aleatori rispetto al “Core business” dell’impresa (più avanti si vedrà come questo abbia, in realtà, avuto risvolti positivi nel sistema turistico). Infine, l’ultimo canale è quello dell’incertezza nell’ambiente
politico-legislativo che, nel caso Covid-19, rappresenta un fondamentale limite all’attività delle imprese in ragione della dipendenza delle misure di distanziamento sociale e, non meno importante, dell’apertura internazionale dal quadro epidemiologico. È possibile, tuttavia, affermare che l’incertezza circa le dinamiche in atto e quelle potenziali abbia rappresentato un grande stimolo a ripensare ed a modificare i modelli di business vigenti fino a questo momento.


La delineazione di un quadro macroeconomico, o teorico, del fenomeno pandemico e delle variabili principali contenute in esso permette di individuare con chiarezza quale sia il benchmark su cui le imprese turistiche dovranno basarsi per rispondere dinamicamente alle turbolenze del momento. Il settore turistico affronta ora una crisi nel suo momento parossistico ma le cui radici sono posizionate ben prima del 2020. Il Covid-19 ha semplicemente accentuato, istantaneizzato e accelerato una serie
di questioni con cui le aziende turistiche si stavano già confrontando. Esse si trovavano, infatti, in una situazione di fragilità legata al cambiamento di paradigma tecnologico e innovativo: sia sul settore dell’e-commerce sia su quello della capacità di strutturare un’offerta di servizi adeguata alle nuove e potenziali richieste dei clienti. La trasformazione del ruolo del cliente, sempre più accentuato e partecipe, i cambiamenti nella comunicazione, nel processo di creazione del valore e nella commercializzazione dell’offerta turistica hanno dato vita, con ogni probabilità, ad un gap tecnologico e manageriale tra imprese che, fino all’esplosione della pandemia, rimaneva poco evidente, sopito. A maggior ragione, nel caso italiano è possibile riscontrare una diffusa
frammentarietà, unita alla piccola dimensione nelle imprese che mal si sposa, in genere, con una grande capacità innovativa sia dal punto di vista meramente tecnologico sia dal punto di vista di capacità manageriali di intercettare le nuove richieste turistiche e i nuovi fenomeni in atto.


In ogni caso, come accennato in precedenza, l’esperienza pandemica ha permesso di dare slancio non tanto al mercato quanto alla postura delle imprese in tema di innovazione e investimento. Un’analisi svolta da McKinsey afferma che le aziende europee siano riuscite a guadagnare terreno in questo campo in modo estremamente più veloce rispetto a prima, sfruttando l’occasione fornita dalla pandemia. Citando testualmente: “In just a few months’ time, the COVID-19 crisis has brought about years of change in the way companies in all sectors and regions do business” (McKinsey &. C., 2020).

Rinnovare, a livello di impresa, l’approccio all’offerta e alla vendita del prodotto necessita fondamentalmente di una particolare attenzione al guadagno di informazioni attraverso i sistemi di data analytics, di booking engine e dei servizi informatici in generale per fare in modo di trasformare meri dati in fonti utilizzabili a fini di Customer Relationship Management, con particolare attenzione al tema dell’Engagement finalizzato al futuro consumo (soprattutto in ragione della crescente esigenza di affidabilità in termini di sicurezza e igiene che la congiuntura pandemica fa sorgere nelle scelte del consumatore). Oltretutto è possibile menzionare un aspetto, probabilmente marginale al momento attuale ma potenzialmente rilevante in futuro, legato al tema dell’innovazione. Il momento di trasformazione delle aziende turistiche vede inoltre una particolare fragilità nel ricambio generazionale in atto nel personale impiegato: la generazione Z comincia, infatti, ad affacciarsi sul mercato del lavoro portando delle competenze intrinseche e naturali che permettono un ricambio generazionale dal punto di vista di approccio al comparto tecnologico e digitale, al di là della necessaria formazione lavorativa specifica nella quale saranno ovviamente impegnati (Iacci,
2020). Il tema del cambiamento delle generazioni e di quello delle abitudini e richieste dei clienti, ancorché di età diverse, si declina anche all’esterno dell’impresa, nell’ambiente in cui essa opera. I fruitori attuali (e futuri) dei servizi turistici sono ben più attenti al tipo di business, di service mix e di comunicazione che si trovano davanti. In conclusione, è importante sottolineare come il fattore tecnologico rappresenti, tuttavia, un mero strumento nelle mani dell’imprenditore turistico finalizzato al miglioramento della “Customer Experience” e non fine a sé stesso. L’elemento dell’innovazione nel settore turistico non si esaurisce nella mera innovazione tecnologica bensì accoglie al suo interno una variegata serie di fenomeni e capacità che permettano un miglioramento omnicomprensivo dell’offerta: sia dal punto di vista “Umano”, come vissuto dal cliente, sia da un punto di vista più generale, comprendente i rapporti con gli stakeholders dell’azienda, con i cambiamenti socioeconomici e con il quadro politico-legislativo del momento.


La principale leva tecnologica sulla quale puntare al momento attuale appare essere quella del digitale. Le soluzioni digitali permettono, in tempi di pandemia, di rinforzare il ruolo della comunicazione con il cliente nei momenti precedenti all’arrivo in loco, permettendo oltretutto la soddisfazione delle necessità di eliminare potenziali assembramenti e contatti superflui tra personale e cliente. Quest’ultimo, tuttavia, non è il solo aspetto che, in prospettiva, può beneficiare di risvolti positivi nel settore turistico. La digitalizzazione, se integrata in una logica di sistema paese, e non solo a livello di singola organizzazione aziendale, può favorire il superamento della frammentazione del sistema ricettivo italiano. Ad esempio, in un’ottica di rinnovamento dell’offerta dei beni culturali italiani, sia dal lato di qualità dell’esperienza, sia dal lato dell’accessibilità alla fruizione, numerose destinazioni turistiche stanno puntando all’implementazione di sistemi di videomapping, VR (Virtual reality) e AR (Augmented reality) per rendere più accattivanti e interessanti le esperienze offerte all’interno del proprio territorio e mantenersi competitive su un mercato lacerato ma, esattamente per questo, fortemente aggredibile in futuro. Tuttavia, secondo un rapporto dell’Istituto nazionale di statistica risalente allo scorso anno, nel 2018 solo il 10% dei musei ha scelto di innovare digitalmente la propria offerta e meno del 45% di essi ha a disposizione supporti tecnologici digitali interattivi (ISTAT, 2019).

In ogni caso, al di là degli aspetti meno incentrati sull’innovazione digitale a livello aziendale, appare chiaro come la digitalizzazione presenti delle intrinseche potenzialità che, anche in assenza di Covid19, avrebbero modificato profondamente il mercato turistico, sia per il prodotto in sé che per la sua commercializzazione. Conferma di questo trend la si può trovare in un’analisi McKinsey, citando testualmente: “Le aziende leader sanno di trovarsi nel bel mezzo dell’era commerciale contraddistinta dalla Customer eXperience e iniziano a rendersi conto che le modalità con cui vengono offerti al cliente i prodotti e i servizi sono altrettanto importanti della qualità degli stessi”

Ebbene, è esattamente in questo solco, già tracciato negli anni scorsi, che si pone la maggiore attenzione per il fattore digitale che si sta sviluppando al momento. Secondo un’ulteriore indagine McKinsey il settore ricettivo è uno dei meno digitalizzati (McKinsey, 2016) e questa apparente mancanza apre numerose prospettive di crescita che potrebbero permettere di intercettare la tendenza
a richiedere una maggiore personalizzazione dell’offerta turistica (e non) da parte dei clienti. Quella che in apparenza può sembrare una scelta traumatica, soprattutto se determinata dal fenomeno pandemico, rappresenta in ogni caso un passaggio obbligatorio per mantenere la competitività sui mercati. Essa dovrà essere mantenuta sfruttando le potenzialità che i supporti informatici forniscono alle aziende in processi come la profilazione dei clienti, l’analisi dei dati ed il cd. “E-commerce”.

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Samuele Gualdaroni

Samuele Gualdaroni

Laureato in economia. Sono un consulente aziendale. Dopo aver fondato Aliseo, al suo interno mi sono occupato delle attività di account management e di gestione dei progetti. Politica, economia e gestione aziendale sono i miei campi di interesse

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