Cassetta degli attrezzi
Per comprendere perché il sequestro Moro abbia impattato così tanto nella storia del nostro paese bisogna conoscere i suoi avversari, i suoi alleati e le idee che lo fecero arrivare al “Compromesso storico”
Moro e Berlinguer
Moro era, in quegli anni ’70 del Novecento, a capo del primo partito italiano, la Democrazia Cristiana. La “Balena bianca”, come era soprannominata, attraversava un periodo molto delicato; spaccata in correnti e afflitta da numerosi grattacapi, come l’alleanza con i socialisti e una spinta riformatrice che la allontanava sempre di più dalla sua base elettorale naturale. Erano in molti a chiedere una svolta. Aldo Moro era leader dall’ala sinistra della Dc, che accettava l’alleanza con i partiti di sinistra moderata e un piano di riforme più accentuato.
Enrico Berlinguer, segretario del partito comunista, aveva radicalmente cambiato il PCI, varando l’Eurocomunismo. L’idea era quella di rifuggire il controllo di Mosca e iniziare politiche più autonome e di ampio respiro. Proprio per questo Berlinguer poté proporre a Moro il controverso “Compromesso storico”
Compromesso storico
Il Compromesso storico fu la proposta più coraggiosa, innovativa e complessa che partorì la Prima repubblica. Dopo anni di gelo e tensioni riconducibili alla logica bipolare della Guerra fredda, il Pci proponeva un’alleanza con gli storici rivali del centro, la Dc. Quest’ultima infatti era in grande calo di consenso, e i comunisti vedevano per la prima volta la possibilità di arrivare al governo.
L’ala sinistra della Democrazia cristiana vedeva generalmente di buon occhio questo tentativo di riconciliazione, mentre l’ala destra, il cui riferimento era Giulio Andreotti, vi si opponeva fermamente. Anche Berlinguer fu criticato duramente all’interno del suo partito, soprattutto dalla frangia più intransigente.
Il compromesso storico naufragò a causa del sequestro Moro. Era ancora nella sua fase embrionale, ma segni distensivi si erano già avuti, con l’astensione del Pci durante la votazione per la fiducia al governo Andreotti IV. Nessuno ritentò una manovra simile.
“Secondo me, il compromesso storico è il frutto di una profonda confusione ideologica, culturale, programmatica, storica. E, all’atto pratico, risulterebbe la somma di due guai: il clericalismo e il collettivismo comunista”
Giulio Andreotti
Brigate rosse
Le Brigate rosse furono un gruppo terroristico di estrema sinistra. Formazione paramilitare che viveva alla macchia, era divisa in colonne, una per ogni grande città, coordinate da un centro di comando a Roma. L’obiettivo era quello di innalzare la tensione e colpire il ceto politico e quello borghese-industriale. Le Br rapirono Moro il 16 marzo 1978, sia in segno di protesta verso il compromesso storico sia come critica all’establishment.
L’agguato in via Fani riuscì alla perfezione: il commando delle BR uccise tutti i cinque uomini di scorta e sequestrò Moro, che verrà ritrovato solo il 9 maggio 1978 in via Caetani, senza vita in una Renault 4 rossa. Il commando contava 14 brigatisti, tra cui la mente del sequestro, Mario Moretti, poi Valerio Morucci, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari e Raffaele Fiore, che spararono alla scorta.
Le Br si sono macchiate anche di altri atroci delitti, sequestri, assassini, rapine. Il sequestro Moro coincise con il loro massimo punto di forza, per poi subire una durissima repressione e sparire nel giro di pochi anni.
Contesto storico all’alba del sequestro Moro
L’Italia degli anni ’70 era un paese diviso, complesso, ricco di contraddizioni e in difficoltà economica a causa della stagflazione (fenomeno economico derivato dalla crisi del ’73, frutto di inflazione e stagnazione dell’economia in contemporanea). La povertà e le tensioni sociali arrivarono all’apice, dando vita ai cosiddetti “Anni di piombo”, in cui i terrorismi di matrice nera e di matrice rossa insanguinarono il paese.
Il partito storicamente più forte, la Dc, viveva un calo dei consensi senza precedenti, che aveva portato all’alleanza con i partiti socialisti, senza però riuscire a creare una maggioranza solida. I governi si alternavano velocemente, peggiorando le difficoltà del paese e la fiducia verso la politica. Scioperi, lotta armata, stragismo: tutto contribuì a creare il sequestro Moro.
Lo Stato, nelle figure del Presidente del consiglio Andreotti e del Ministro degli interni Cossiga decise che trattare con i terroristi era impossibile. Le indagini però non porteranno a nulla, alimentando i sospetti sulla collusione dei servizi segreti e delle forze armate. Il ritrovamento del cadavere di Moro causò uno shock senza precedenti nell’opinione pubblica italiana.
Il tutto va ricondotto alla situazione globale della Guerra fredda, con il suo bipolarismo. Tra Usa e Urss, l’Italia era un paese di confine sulla cortina di ferro, per cui venne giudicato di vitale importanza. Gli Stati Uniti avevano permesso agli Italiani di ricostruire la loro nazione grazie ad un generoso piano di aiuti, il celeberrimo piano Marshall.
In cambio, però, l’Italia rinunciò fattualmente a gran parte della sua autonomia politica. La situazione di enorme tensione scoppiata negli anni ’70 è anche frutto del centrismo, ovvero la strategia politica per cui il solido governo Dc escludeva dal potere le formazioni di estrema destra e estrema sinistra. Anche per questo il compromesso storico è una svolta decisiva.
What if..?
La riuscita del compromesso storico
Moro, ottenuta la fiducia per l’Andreotti IV, inizia a concordare con Berlinguer i dettagli del compromesso storico. Per la prima volta Dc e Pci sono alleate in parlamento. Le critiche sono forti e piovono da tutti i lati, ma i due segretari tirano dritto. Il governo di Andreotti regge (nella realtà è durato un anno e otto giorni), ma proprio quest’ultimo è il più critico verso l’alleanza.
Difficile dire quali sarebbero state le conseguenze strettamente politiche. Con tutta probabilità, le parti più intransigenti dei due partiti si sarebbero opposte. La Dc avrebbe riscontrato un fenomeno simile al ’74 quando, dopo l’approvazione del divorzio, il partito vide un crollo dei consensi dovuto all’opposizione dei cattolici.
Il Pci avrebbe finalmente avuto un po’ d’ossigeno partecipando ad un governo, ma Berlinguer si sarebbe trovato a capo di un partito spaccato in due, dove franchi tiratori e correnti con tendenze scissionistiche non sarebbero mancati.
L’opposizione dall’altra parte dell’oceano
Forti critiche sarebbero arrivate anche dagli USA, che malgrado il disgelo non possono approvare la partecipazione di comunisti nel governo di uno Stato atlantista, specie in Italia, nazione strategica nello scacchiere internazionale.
Gli Stati Uniti avrebbero inasprito la politica estera con il Belpaese, ma difficilmente avrebbero fatto di più. I tempi non erano più maturi per interventi più significativi, per cui è difficile immaginare ingerenze maggiori a qualche scaramuccia diplomatica e minor supporto economico, a meno di enormi mutamenti nella situazione politica, come Pci primo partito. Scenari quindi irrealistici, ma non c’è dubbio che ad oggi l’Italia sarebbe meno atlantista e meno schierata.
La minor attenzione alle Brigate rosse
Non c’è dubbio che, dopo il sequestro Moro, le Brigate rosse persero quasi tutto il loro supporto tra la popolazione, siano stati disconosciuti da tutti i partiti, specialmente il Pci che non voleva esservi associato. Inoltre, i servizi segreti si mossero con maggior decisione, tanto che tutti i 14 brigatisti coinvolti nel sequestro Moro furono rintracciati e arrestati. L’associazione verrà presto smantellata.
In questo si può notare un parallelismo con le famiglie mafiose che avrebbero seminato il terrore nel decennio successivo. Toccato il culmine del potere e dell’influenza (la strage di Capaci), verranno colpite duramente come mai prima dallo Stato, che riuscirà a ristabilire l’ordine, almeno in parte.
Senza il sequestro Moro le Br rimangono in piedi ancora per un decennio, continuando con i loro atti violenti e intimidatori. Saranno superate dal tempo, con il disgelo della Guerra fredda, il miglioramento della situazione economica, la distensione del conflitto sociale. I 14 del commando hanno preso strade diverse: chi arrestato, chi morto, chi a piede libero in un’Italia nuova.
Quando, con il Pci di Berlinguer, ho optato per la linea della fermezza, ero certo e consapevole che, salvo un miracolo, avevamo condannato Moro a morte. Altri si sono scoperti trattativisti in seguito; la famiglia Moro, poi, se l’è presa solo con me, mai con i comunisti. Il punto è che, a differenza di molti cattolici sociali, convinti che lo Stato sia una sovrastruttura della società civile, io ero e resto convinto che lo Stato sia un valore. Per Moro non era così: la dignità dello Stato, come ha scritto, non valeva l’interesse del suo nipotino Luca.
Francesco Cossiga, all’epoca Ministro degli interni
Cosa possiamo imparare?
Appare subito evidente come il sequestro Moro abbia segnato uno spartiacque nella politica interna ed estera italiana, forse alla pari di Mani pulite. La scomparsa del democristiano ha interrotto un processo, quello del compromesso storico, che con tutta probabilità avrebbe cambiato il volto del nostro paese.
Le Br hanno allora cambiato la sorte dell’Italia, senza ombra di dubbio. Lo Stato italiano ha perso nel momento in cui un’associazione paramilitare ha intralciato così significativamente il processo democratico. Sulla morte di Moro c’è ancora molto da scoprire, ma ad oggi si può affermare che la fine dello statista rimane una delle pagine più vergognose e buie dello Stato italiano.
Penso veramente che il caso Moro sia stata la svolta. 55 giorni prigioniero il leader che sta aprendo ai comunisti, ma dove può succedere? E poi la gestione della caccia ai rapitori… l’artificio della seduta spiritica per indicare il covo dove lo tengono… le trattative che coinvolgono i mafiosi..
Enrico Deaglio, giornalista e scrittore
Consigli letterari
Sulle Brigate Rosse non si può non consigliare il bel libro di Giorgio Galli “piombo rosso”, che analizza la storia dei brigatisti fino alla loro dissoluzione, pubblicato da Baldini+Castoldi.
Per comprendere la situazione italiana nel post guerra è ottimo il libro di Guido Formigoni edito da Il Mulino, “Storia d’Italia nella guerra fredda”, che analizza obiettivi, speranze e strategie dei partiti della Prima repubblica, le ingerenze americane, dedicando anche belle pagine al sequestro Moro.
Sul tema centrale del nostro what if si può andare sul sicuro con “L’affaire Moro” dell’intramontabile Leonardo Sciascia, pubblicato da Adelphi; oppure “Lettere dalla prigionia”, edito da Einaudi, che raccoglie tutte le lettere scritte dal politico durante la sua detenzione.
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foto in evidenza: Autore sconosciuto – https://www.flickr.com/photos/136879256@N02/23560142924