Cassetta degli attrezzi
Trattato di Versailles
Fu il trattato con cui venne sancita la fine della Grande guerra. A farne le spese soprattutto la Germania e l’alleato austroungarico. L’impero tedesco perse tutte le (poche) colonie, aree importantissime come l’Alsazia Lorena e Danzica, la marina e venne costretta a mantenere solo 100mila uomini in servizio militare attivo; altre parti cedute a nuovi Stati, creati ad hoc per arginare la diffusione del comunismo in Europa.
Offensiva di Primavera
Conosciuta anche come Kaiserschlacht, ovvero battaglia per l’Imperatore, fu l’ultima offensiva tedesca. Voluta e studiata dal generale Ludendorff, consapevole che i mezzi della Germania si stavano esaurendo e che sarebbe stato sempre più difficile sostenere lo sforzo bellico, aveva l’obiettivo di cogliere di sorpresa gli Alleati e tornare finalmente alla guerra in campo aperto.
L’attacco si rivelò un iniziale successo, con i Tedeschi che avanzarono ancora nel territorio francese. Presto però, a causa delle poche riserve, scarsa logistica e problemi nel rifornimento, inglesi e francesi riuscirono a tamponare le falle nel loro schema difensivo e bloccare nuovamente la Germania. Si trattava di un colpo mortale per l’impero del kaiser Guglielmo II, che presto dovette arrendersi per disfacimento del fonte interno e crollo delle risorse umane e materiali disponibili dopo quattro anni di conflitto.
Contesto storico
È il 28 giugno 1919. Nella galleria degli specchi del palazzo Versailles, 44 Stati firmano il trattato di pace che mette fine alla Prima guerra mondiale. L’anno prima Ludendorff, a capo delle forze tedesche, aveva tentato un ultimo, risoluto attacco, “l’Offensiva di Primavera”, consapevole che le risorse umane e materiali a disposizione erano sul punto di esaurirsi. Quando anche questo tentativo fallì, Ludendorff ebbe un crollo nervoso e intimò ai vertici politici degli Imperi centrali di trattare la resa.
Anche se il generale si riprese, e cercò di fare marcia indietro, i politici avevano già iniziato a negoziare la pace. La Germania usciva sconfitta dal Primo conflitto mondiale, indicata anche come unica colpevole e sottoposta a durissime condizioni. Questo diede il via all’instabilità della Repubblica di Weimar, all’inflazione e, secondo diversi studiosi, all’ascesa al potere di Hitler.
“Gli Alleati e i Governi Associati affermano, e la Germania accetta, la responsabilità della Germania e dei suoi alleati per aver causato tutte le perdite ed i danni che gli Alleati ed i Governi Associati e i loro cittadini hanno subito come conseguenza della guerra loro imposta dall’aggressione della Germania e dei suoi alleati.”
Clausola di consapevolezza nei trattati di Versailles
What if… la Germania avesse vinto la Prima guerra mondiale
La vita di un giovane
La Germania vincitrice è padrona di tutta Europa. Sconfitte le forze alleate, può finalmente allargare il suo impero coloniale, rilanciare l’economia, commerciare con i Paesi asiatici e africani. L’industria vive un rilancio, le relazioni con gli Americani tornano presto buone, mentre Gran Bretagna e Francia ne escono fortemente ridimensionate. Guglielmo II siede stabile sul suo trono, guidando l’unica vera potenza rimasta sul suolo europeo.
Un giovane ragazzo, che ha combattuto e vinto la Prima guerra mondiale, torna alla sua vita. Non trova posto in quella Germania ordinata, pulita, le cui divergenze sociali sono appianate dalla crescita economica. Aveva amato la vita di trincea, dove aveva ricevuto anche una decorazione al valore militare.
Continua la sua vita da vagabondo, vive con una misera pensione da orfano e con la vendita dei suoi quadri.
L’Accademia delle Belle Arti respinge di nuovo la sua iscrizione, per la terza volto dopo i due tentativi prima del conflitto. Il giovane giura vendetta a tutte quelle istituzioni e trova nella politica uno sfogo. Socialdemocratico e convinto nazionalista, le sue idee sempre più radicali spaventano la maggioranza dei suoi interlocutori. Grande ammiratore di quel Mussolini che ha conquistato l’Italia, vorrebbe emularlo in Germania.
I suoi discorsi sempre più radicali e distaccati dalla realtà lo portano a essere espulso dalla direzione del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi. Arrestato per disordini durante un comizio, nel carcere matura idee ancora più estreme e inizia ad accusare gli ebrei per tutti i fallimenti della sua vita e la perdita di slancio del nazionalismo tedesco.
Quel ragazzo è Hitler, che non avrà un posto nel palcoscenico della storia.
“Tutto ciò che è grande in questo mondo è frutto di un solo vincitore. I successi riportati da coalizioni portano già in sé il germe di futuri sgretolamenti.”
Adolf Hitler
La morte di un giovane
Il giovane non riesce ad adeguarsi ad una vita normale. Stanco dei suoi continui fallimenti, si rifugia sempre più spesso nell’alcol e nel Pervitin, una droga diffusissima nella Germania dell’epoca per dimenticare i suoi dispiaceri.
Sempre più solo, la sua personalità narcisistica gli impedisce di accusarsi del fallimento. Misantropia e odio guidano l’ultima parte della sua vita, prima di porvi fine con una pistolettata. La differenza tra la sua percezione di grandezza e la miseria che lo circonda è troppo difficile da accettare.
Sarebbe potuta andare a finire così la vita del più grande dittatore che la storia ricordi. Hitler di uguale avrebbe avuto solo la fine. La sua personalità, esaltata dalle difficoltà e dalla violenza, come la Prima guerra dimostrò, non poteva adattarsi ai periodi di ricchezza e pace.
“Droga tipica di questo paese sin dai tempi della Cecoslovacchia, la metanfetamina comincia ora a invadere la Germania”.
Norman Ohler
La Seconda guerra mondiale
Anche per l’assenza del nazismo dallo scenario politico internazionale, difficilmente avremmo assistito allo scoppio di un secondo conflitto. Come la storia dimostra però, molto dipende dalla durezza delle condizioni imposte ai perdenti, che possono suscitare reazioni violente e voglia di rivalsa. In tutti gli Stati sconfitti dopo la prima guerra mondiale si sono manifestati scontri, rivoluzioni, dichiarazioni d’indipendenza e dittature.
Se di Seconda guerra mondiale avremmo parlato, probabilmente non sarebbe stata la lotta mortale che conosciamo, ma un “regolamento di conti” in cui la Germania sarebbe uscita nuovamente vincitrice.
Per l’Italia poco sarebbe cambiato: Mussolini sarebbe salito al potere in uno Stato deluso dai risultati della Grande guerra, che già si percepiva come sconfitto. Facile immaginare che la soluzione dell’uomo forte sarebbe stata comunque perseguita.
Cosa possiamo imparare?
Sicuramente una lezione si può trarre: condizioni troppo dure nei trattati di pace portano a tensioni e regimi totalitari. Quello che accadde in Germania è stato previsto con precisione chirurgica da Keynes.
Una Germania piegata dai debiti di guerra, con un esercito ridotto a 100mila effettivi e privato di regioni produttive importanti, non poteva che implodere.
Keynes arriva addirittura a prevedere l’ascesa di un dittatore che, sfruttando il malcontento popolare, avrebbe attratto su di sé tutti i poteri. La sua lucida analisi venne però ignorata, e a prevalere fu la linea dura della Francia, con l’applicazione faziosa e di comodo dei 14 punti di Wilson.
Se la responsabilità dello scoppio della Seconda guerra mondiale, con tutti i suoi errori, è certamente di Hitler e dei suoi seguaci, il seme del loro potere e della loro influenza è il trattato di pace di Versailles, che diede alle follie del dittatore credibilità e mordente.
“Quella che doveva essere una conferenza volta a ristabilire una pace duratura si tramutò, invece, nella causa embrionale della seconda, immane, tragedia”
Carlo Mafera
Consigli letterari
La letteratura sulla Prima guerra mondiale è vastissima, ma per capire meglio il trattato di Versailles un libro essenziale è sicuramente “Le conseguenze economiche della pace” di Keynes. Edito da Adelphi, l’autore compie un’analisi lucida, quasi profetica, delle conseguenze della pace in quelle modalità.
Numerosi anche i libri su Hitler e la sua personalità. Oltre al “Mein Kampf”, scritto da lui durante la prigionia, “Hitler” di Ian Kershaw, pubblicato da Bompiani, è tra le biografie meglio scritte. Molte altre opere invece, come “Viaggio al centro della mente di Adolf Hitler” di Walter Langer, indagano più l’aspetto psicologico del dittatore.
Per i più curiosi invece, da segnalare “Tossici”. Scritto da Norman Ohler e pubblicato in Italia da Rizzoli, si tratta di una innovativa analisi sul ruolo svolto dalle droghe nella Germania nazista e sull’uso che Hitler stesso ne faceva.
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Foto in evidenza: Autore sconosciuto – http://media.iwm.org.uk/iwm/mediaLib//11/media-11247/large.jpgThis is photograph Q 53401 from the collections of the Imperial War Museums., Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=39780594