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Quale price cap sul gas per l’Europa?
Con l'inverno che si avvicina l'Europa sta cercando un modo per rendere questa stagione meno gravosa per le finanze con il price cap sul gas
price cap gas europa

L’inverno sta arrivando recitavano ne “Il trono di spade”, e forse questo monito riecheggia sempre più forte anche nei palazzi dei vari governi nazionali e delle istituzioni UE dalla la chiusura a tempo indeterminato del gasdotto Nord Stream 1.

Dopo l’affanno per rinegoziare le forniture con altri partner, per riempire il prima possibile gli stoccaggi, in questi ultimi giorni si parla sempre più frequentemente di price cap per il gas a livello europeo. Ancora non è ben chiaro in che modo applicarlo (qualunque sia soluzione il coordinamento europeo è imprescindibile), ma in Italia ad esempio è sostenuto da tutti i partiti.

Cos’è il price cap

Il price cap o tetto ai prezzi è un metodo di regolazione per il quale si stabilisce un limite al prezzo che le imprese fornitrici di un servizio possono addebitare. Rispetto al mercato del gas equivarrebbe a porre un limite al prezzo a cui i vari fornitori possono vendere il loro combustibile.

Ma in linea teorica, quali possono essere i suoi effetti? Sono fondamentalmente due. Il primo è un aumento della domanda da parte del consumatore finale, che non vede più segnalata la scarsità della materia prima nel prezzo in bolletta vista l’applicazione del cap a monte della fornitura; il secondo è una riduzione dell’offerta, anche nell’ipotesi di una misura di breve periodo, da parte di tutte le imprese che non trovino conveniente il nuovo prezzo imposto.

Le ipotesi per l’Europa

Le ipotesi ventilate sono principalmente due. La prima prevede l’imposizione di un tetto esclusivamente al prezzo del gas russo, la seconda a tutto il mercato del gas.

Partendo dalla prima, un documento della Commissione europea intitolato “Non-paper on emergency wholesale price cap instruments for natural gas” dei primi di settembre articola due alternative rispetto a come agire sulle forniture provenienti dalla Mosca.

La prima prevede la semplice imposizione del cap con modalità analoghe a quelle di una sanzione, e come tale richiederebbe un voto unanime da parte dei 27 Stati membri e la verifica che l’articolo 122 del Tfeu copra questa fattispecie; la seconda invece contempla lo scenario di un’Ue come compratore unico. In questo caso la maggiore criticità sarebbe la definizione di tutta la struttura giuridica e di governance del nuovo soggetto.

L’obiettivo politico più che economico, di queste strategie è quello di dare un segnale di non sudditanza al Cremlino ponendolo di fronte ad un dilemma: accettare un prezzo minore da parte dell’Europa oppure rinunciare a tutto in caso di chiusura delle forniture, perché il gas via tubo non potrebbe essere dirottato altrove dall’oggi al domani (per il nuovo gasdotto verso la Cina richiederà circa tre anni prima per essere completato).

Come si può facilmente prevedere, lo scenario più plausibile, come anche evidenziato nel documento, è rappresentato dal blocco definitivo della fornitura che ad oggi è interrotta, ma solo “temporaneamente” stando alle dichiarazioni ufficiali. Anche in questo caso, come per le sanzioni, l’Ue sembrerebbe disposta ad accettare il più estremo degli scenari pur di contrastare la Russia.

La seconda ipotesi prevede che venga applicato un cap all’intero mercato del gas. In Europa, il TTF (Title Transfer Facility) di Amsterdam è la principale piazza di scambio di contratti spot (contratti che prevedono la consegna del bene oggetto del contratto entro poche ora dallo loro chiusura). L’indice di questo mercato virtuale è un riferimento anche per i contratti a lungo termine che rappresentano il maggior strumento utilizzato negli accordi per l’acquisto del gas.

L’indicizzazione è una forma di tutela per i fornitori affinché vedano remunerato il loro investimento nell’infrastruttura necessaria al trasporto del combustibile (sia essa una nave per il gas liquido che una rete di tubi transnazionale), considerando la mutevolezza del contesto in cui si andrà ad operare nel corso degli anni.

L’obiettivo del tetto nel mercato del gas, e dunque in prima istanza nel TTF, è quello di incidere indirettamente sui prezzi concordati nei contratti a lungo termine che ad esso sono indicizzati. 

Fonte: ISPI

Il problema che si porrebbe con un cap che tocchi il mercato riguarderebbe non solo la possibile ritorsione del Cremlino, ma anche quanto visto in linea teorica in precedenza: un incremento della domanda (già fisiologicamente alta) dovuto alla presenza di prezzi non più in grado di trasmettere la scarsità della materia ai consumatori finali, e soprattutto una riduzione dell’offerta già colpita dalla quasi totale assenza del gas russo.

Quest’ultima sarebbe estremamente grave, soprattutto nell’ottica degli approvvigionamenti finalizzati allo stoccaggio. Non a caso sono proprio i prezzi elevati presenti sul TTF ad attirare il gnl (gas naturale liquido) americano che sta contribuendo a completare gli stoccaggi prima che arrivi l’inverno. Qualcuno, infatti, propone di escludere il gnl dalla portata del cap.

Nelle ultime ore sembra essersi profilata l’ipotesi, già accennata dalla Von Der Leyen in passato, di accordi per un cap sul prezzo da concordare solamente con dei fornitori catalogati come “affidabili” all’interno dei contratti a lungo termine.

Un equilibrio delicato

L’inverno sta arrivando e la politica europea si trova a dover tamponare una situazione delicata in cui ogni intervento inevitabilmente avrà degli effetti distorsivi.  

Molti invocano a gran voce un price cap nel mercato dell’energia elettrica richiamando il modello iberico. L’”eccezione iberica” è stata approvata formalmente dalla Commissione europea in virtù dei bassissimi livelli di interconnessione di Spagna e Portogallo alla reta europea (solo il 3% dell’energia è importato o esportato), ma viene considerata inadatta al resto dell’UE per via dell’elevato grado che invece esiste fra i restanti stati membri che porterebbe a gravi distorsioni di mercato.

Se questo modello venisse applicato ad un paese come l’Italia, il conseguente abbassamento di prezzo dell’elettricità potrebbe alimentare la domanda estera della nostra energia, e questo fenomeno non si potrebbe disinnescare semplicemente vietandone l’export.  

Al netto di qualunque provvedimento mirato al contenimento dei prezzi, un ruolo fondamentale verrà ricoperto dal risparmio energetico/razionamento. Per i paesi europei, in media, la quota di consumo invernale coperta dal gas stoccato è tra il 20 e il 30%, e quindi questo va costantemente rifornito per garantirne i livelli di salvaguardia.

Fonte: elaborazione dati European Gas Spot Index da luce-gas.it

Ad oggi in Europa siamo ad un livello di stoccaggio medio pari all’87% (87,87% per l’Italia), ma se i consumi di questo inverno (temperature permettendo) non saranno minori rispetto quelli degli anni precedenti sorgeranno sicuramente problemi per il suo mantenimento.

È quindi necessario che le istituzioni europee insieme ai governi nazionali elaborino un piano di risparmio energetico affinché i sacrifici di imprese e famiglie siano il meno gravosi possibile, al netto della recessione che si prospetta nei prossimi mesi e che avrà il suo ruolo nel ridurre la domanda complessiva nei vari paesi.

Foto in evidenza: Ursula von der Leyen presents her vision to MEPs” by European Parliament is licensed under CC BY 2.0.

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Enrico Ceci

Enrico Ceci

Ciao, sono Enrico e sono capo redattore della sezione economia per Aliseo. Classe '95, laureato in economia e in studi europei. Nei miei articoli, legati principalmente a temi economici ed energetici, cerco di offrire un punto di vista diverso, sempre e solo attraverso il supporto dei dati. Seguendo lo spirito di Aliseo, il mio intento è arricchire tutti coloro che dedicheranno un momento del loro tempo alla lettura dei miei contributi.

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