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L’Australia, la Cina e il dilemma burro-cannoni
Canberra si riarma, ma non può dimenticare i legami commerciali con Pechino. Un caso di "poligamia strategica"

I rapporti tra Stati e la loro gestione della spesa pubblica sono spesso influenzati dalla posizione geografica. Per un attore come l’Australia questa variabile assume un ruolo ben lungi dal poter essere considerato trascurabile. Essere uno Stato anglofono e trovarsi in Oceania comporta la necessità di puntare lo sguardo verso la Cina e gli Usa, provocando quella che viene detta “poligamia strategica”, che in alcuni casi è una scelta, mentre nel caso australiano è una caratteristica innata.

Per Canberra si può più specificamente parlare di “strategical stint”. Con questa espressione si intende un comportamento strategico dettato dalla necessità di sopravvivere nell’arena internazionale, ma imposto dalla propria posizione geografica, che prevede l’instaurazione di relazioni non con una sola potenza ma con due. La necessaria conseguenza è che l’Australia dovrà da un lato, per la propria economia, intrattenere rapporti commerciali con la Cina, ma dall’altro dimostrare “fedeltà” militare agli Stati Uniti.

Il dilemma burro-cannoni

Questo comportamento si traduce in una gestione particolare della spesa pubblica, che viene spiegata da quello che nella letteratura economico-politologica prende il nome di guns versus butter model. Questo modello è una semplificazione della ripartizione della spesa pubblica, in cui lo Stato in questione dovrà decidere quanto spendere in Difesa e quanto in policies

In questo piano cartesiano osserviamo infatti la curva che rappresenta la frontiera delle possibilità produttive, ovvero il luogo dei punti che rappresenta una combinazione di spesa efficiente di burro e cannoni; i punti come X che sono impossibili da raggiungere in quanto fuori dalla curva; i punti B, D e C che illustrano tre possibili compromessi nella produzione di burro e cannoni; il punto A, che rappresenta una possibile combinazione di spesa che però non frutta tutte le risorse disponibili.                 

Lo Stato considerato dovrà decidere quale equilibrio tra armi e burro soddisfa meglio le proprie esigenze e la sua scelta sarà in parte influenzata dalla spesa militare e dalla forza militare percepita dei potenziali avversari. Avremo quindi che paesi come il Canada, che si trova sopra il “bodyguard” più grande del mondo o l’Islanda, che ha “delegato” de facto la propria difesa agli Stati Uniti, potranno gestire la propria spesa pubblica senza preoccuparsi troppo del budget militare, mentre attori come Cina (14 Stati confinanti e dispute territoriali con ognuno di questi), Russia (vedi Cina) e Stati Uniti (oltre 700 basi militari sparse per il mondo) dovranno sempre preoccuparsi di questa voce di spesa. 

Il riarmo australiano

Alla luce di quanto visto finora, il riarmo australiano, che prevede una spesa di 575 miliardi di dollari australiani (circa 350 miliardi di euro) tra il 2021 e il 2030, non deve sorprendere, considerando anche gli ultimi sviluppi nel teatro del Pacifico. In tal senso le recenti vicende che coinvolgono il piccolo Stato insulare, a seguito delle accuse mosse nel 2022 dal leader dell’opposizione delle Isole Salomone Matthew Wale, il quale dichiarò di aver già informato l’Australia dell’accordo con la Cina nell’agosto 2021 (circa un anno prima dell’effettivo avvicinamento tra Pechino e Honiara), fanno emergere la necessità, anche lato Stati Uniti, di monitorare quanto accade nella regione.

Tale accordo infatti potrebbe prevedere nel medio-lungo periodo l’installazione di basi militari cinesi e sarebbe il primo effettivo accordo scritto che lega militarmente la Cina a uno Stato del Pacifico, a dimostrazione della sua politica di (im)potenza in Oceania. Queste accuse, smentite dal dipartimento australiano degli Affari Esteri, non sono passate inosservate agli occhi di Washington, che già da tempo temeva che l’Australia potesse perdere lentamente il controllo nella regione, preoccupazioni ridimensionate dall’ex primo ministro Scott Morrison

Il riarmo Australiano, in quest’ottica, ha una duplice funzione: da un lato prepararsi a future mosse da parte della Cina nella regione e non solo, dall’altro rassicurare gli Stati Uniti sull’impegno australiano nel Pacifico (anche in vista di una possibile minaccia di disengagement). 

Sul primo aspetto, tra l’altro, risulta interessante quanto emerso una recente survey, condotta da YouGov tra il 5 e il 9 settembre 2022. Su un campione di 1068 persone, il 46% degli intervistati, alla domanda “Se la Cina attaccasse Taiwan, quando sei in accordo o in disaccordo con queste possibili risposte da parte dell’Australia?”, si è detto d’accordo o fortemente d’accordo sul fatto che l’Australia dovrebbe “inviare forze militari per aiutare gli Stati Uniti a difendere Taiwan”. Tra questi, il 18% è fortemente d’accordo.

Questo risultato si contrappone al 25% del campione che si pone in disaccordo (di cui il 9% fortemente in disaccordo) e il resto che non si è impegnato in nessuna delle due posizioni. L’appoggio dell’opinione pubblica quando si parla di spesa militare assume un ruolo fondamentale, impossibile da trascurare.

Quanto sta accadendo in Australia, almeno in chiave statunitense, è anche un chiaro messaggio ai membri europei della Nato. Il tema della spesa militare sta assumendo una rilevanza sempre crescente e, ricordando il “paga la rata” di Barack Obama e la richiesta ai paesi Ue, eccezion fatta per la Francia, di aumentare significativamente la propria spesa militare, il riarmo australiano rappresenta uno dei possibili scenari che potranno verificarsi in Europa.

La spesa militare statunitense supera quella di Cina, Regno Unito, Francia, Russia, Germania, Giappone, Italia, Arabia Saudita e India messi assieme. Giustificare una tale spesa difronte all’opinione pubblica non è facile e la volontà del governo di essere heghemòn potrebbe esaurirsi in futuro. Il dilemma burro-cannoni, visto in passato come un problema lontano che riguardava solo Stati Uniti, Russia e Cina, sta diventando sempre di più una questione non rimandabile. 

Foto in evidenza: “20100424_909_0169.JPG” by ResoluteSupportMedia is licensed under CC BY 2.0.

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Mario Spoto

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